Concluse le firme dell'accordo, le autorità e i loro seguiti si erano alzati dal tavolo e si raggruppavano variamente nel Salotto, intrecciando amabili conversari privati e di argomento leggero. Su tutti i volti si leggevano soddisfazione e speranza. Alcuni valletti portarono vassoi con piccole dolcezze per i palati raffinati dei presenti e tazze per degustare bevande corroboranti.
Fenice cercò posto lontano dai passi dei valletti e non troppo vicino alle persone, affinché la sua musica non disturbasse i loro conversari e le loro voci non disturbassero la sua armonia, guardò brevemente il Ministro Eckart per assicurarsi della sua approvazione e, imbracciato il suo magnifico liuto, respirò profondamente e cominciò a cantare.
Aveva scelto un brano raro e bello, un madrigale del magister Jacopo da Bologna, in cui ben tre testi diversi avrebbero dovuto sovrapporsi se le voci presenti fossero state, appunto, tre. Poiché era sola a cantare, osò ripetere arditamente il tutto tre volte, cantando ogni volta una voce diversa e accompagnandosi suonando le altre due al liuto.
Sentì con gioia scendere il silenzio... le conversazioni si arrestavano e i presenti prestavano orecchio al suo canto, che celebrava la Virtù e la Sapienza in accordo con la Benedizione Divina.
Aquila altera, ferma in su la vetta
de l’alta mente l’occhio valoroso,
dove tuo vita prende suo riposo,
là è ’l parer e là l’esser beato.
Creatura gentil, animal degno,
salire in alto e rimirare ’l sole
singularmente tuo natura vole.
Là è l’imagine e là perfezione.
Uccel di Dio, insegna di giustizia,
tu hai principalmente chiara gloria,
perché ne le grand’opre è tua vittoria.
Là vidi l’ombra e là la vera essenza.
Terminato il madrigale Fenice sorrise e alzò lo sguardo illuminato dalla gioia della musica, guardandosi intorno.
Fenice cercò posto lontano dai passi dei valletti e non troppo vicino alle persone, affinché la sua musica non disturbasse i loro conversari e le loro voci non disturbassero la sua armonia, guardò brevemente il Ministro Eckart per assicurarsi della sua approvazione e, imbracciato il suo magnifico liuto, respirò profondamente e cominciò a cantare.
Aveva scelto un brano raro e bello, un madrigale del magister Jacopo da Bologna, in cui ben tre testi diversi avrebbero dovuto sovrapporsi se le voci presenti fossero state, appunto, tre. Poiché era sola a cantare, osò ripetere arditamente il tutto tre volte, cantando ogni volta una voce diversa e accompagnandosi suonando le altre due al liuto.
Sentì con gioia scendere il silenzio... le conversazioni si arrestavano e i presenti prestavano orecchio al suo canto, che celebrava la Virtù e la Sapienza in accordo con la Benedizione Divina.
Aquila altera, ferma in su la vetta
de l’alta mente l’occhio valoroso,
dove tuo vita prende suo riposo,
là è ’l parer e là l’esser beato.
Creatura gentil, animal degno,
salire in alto e rimirare ’l sole
singularmente tuo natura vole.
Là è l’imagine e là perfezione.
Uccel di Dio, insegna di giustizia,
tu hai principalmente chiara gloria,
perché ne le grand’opre è tua vittoria.
Là vidi l’ombra e là la vera essenza.
Terminato il madrigale Fenice sorrise e alzò lo sguardo illuminato dalla gioia della musica, guardandosi intorno.