In vita sua, Giobbe aveva visto solo due luoghi di quelli che comunemente gli uomini chiamano "civili": Pontecorvo, dove era nato, e Gaeta, dove aveva studiato. Qui l'esperienza del mare, e l'intuizione della lontananza, azzurra in questo caso. Fu dunque con grande sorpresa che accettò l'invito di raggiungere Venezia. Fin da piccolo Giobbe, la cui natura era straordinariamente selvaggia, e per questo straordinariamente sensibile, aveva aspirato ad estendere i propri confini, desiderando portare se stesso dove i suoi pensieri parevano andare di concetto. Tuttavia, mai volle intimorire di preoccupazioni sua madre e suo padre, che sempre gli consigliarono di non viaggiare mai da solo, soprattutto in quei primi momenti di scoperta del mondo, che ai loro occhi appariva non solo bello, ma anche insidioso. Quando Cherri propose a quel bimbo ormai ragazzo di accompagnarla a Venezia, per accogliere l'invito dell'Accademia, Giobbe non stette dalla gioia...
Con rammarico, i due non trovarono alcun posto disponibile per nave, e dovettero pertanto affrontare il lungo percorso via terra.
Fu durante quel viaggio che Giobbe comprese l'utilità di qualcosa che precedentemente aveva percepito come estremamente fastidioso: le scarpe. Ebbene... le sue scarpe bianche furono molto utili per affrontare quel lungo cammino, durato giorni e giorni, anche se non arrivarono certo dello stesso colore...
Giobbe si scoprì imbarazzato, non solo al pensiero di sua madre - da sempre le madri nutrono un interesse atavico perchè le scarpe dei figli restino sempre ben linde -, ma soprattutto per lo scarto che sentì dai veneziani, che sembravano splendere di sete e che avevano portamenti a dir poco elitari e altisonanti... Fu durante la vista di quella città che Giobbe comprese una cosa: Gaeta non era, dopotutto, la metropoli che aveva creduto, facendone raffronto con Pontecorvo. Giobbe rimese spesso estatico, e quasi preso d'un incanto ipnotico nel vedere quel mondo che mai avrebbe creduto poter esistere in quel mondo.
Fortunatamente Cherri aveva una visione molto più pratica della vita e dei territori... quindi, pur accompagnando Giobbe senza che si rompesse l'incanto nei suoi occhi, lo condusse a giusta destinazione. Ma anche lei non riuscì a trattenere l'emozione di fronte al grande ingresso dell'Accademia, dove ruggivano i Leoni....
Intanto Giobbe saltellante gridava: "Micettiiiiiiiiiiiiiii"
Finchè fu riportato all'ordine e al perchè della situazione.
Che facciamo Farah... bussiamo? disse
Con rammarico, i due non trovarono alcun posto disponibile per nave, e dovettero pertanto affrontare il lungo percorso via terra.
Fu durante quel viaggio che Giobbe comprese l'utilità di qualcosa che precedentemente aveva percepito come estremamente fastidioso: le scarpe. Ebbene... le sue scarpe bianche furono molto utili per affrontare quel lungo cammino, durato giorni e giorni, anche se non arrivarono certo dello stesso colore...
Giobbe si scoprì imbarazzato, non solo al pensiero di sua madre - da sempre le madri nutrono un interesse atavico perchè le scarpe dei figli restino sempre ben linde -, ma soprattutto per lo scarto che sentì dai veneziani, che sembravano splendere di sete e che avevano portamenti a dir poco elitari e altisonanti... Fu durante la vista di quella città che Giobbe comprese una cosa: Gaeta non era, dopotutto, la metropoli che aveva creduto, facendone raffronto con Pontecorvo. Giobbe rimese spesso estatico, e quasi preso d'un incanto ipnotico nel vedere quel mondo che mai avrebbe creduto poter esistere in quel mondo.
Fortunatamente Cherri aveva una visione molto più pratica della vita e dei territori... quindi, pur accompagnando Giobbe senza che si rompesse l'incanto nei suoi occhi, lo condusse a giusta destinazione. Ma anche lei non riuscì a trattenere l'emozione di fronte al grande ingresso dell'Accademia, dove ruggivano i Leoni....
Intanto Giobbe saltellante gridava: "Micettiiiiiiiiiiiiiii"
Finchè fu riportato all'ordine e al perchè della situazione.
Che facciamo Farah... bussiamo? disse