ACCADEMIA DI VENEZIA

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    Prima giornata: PRESENTAZIONE DEL CONVEGNO TEOLOGICO

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    Prima giornata: PRESENTAZIONE DEL CONVEGNO TEOLOGICO Empty Prima giornata: PRESENTAZIONE DEL CONVEGNO TEOLOGICO

    Messaggio  Admin Dom Set 26, 2010 9:37 pm

    Domenica XXVI Settembre Anno Domini 1458 ciminciava, nella tarda serata, il Convegno Teologico di dialogo delle fedi Aristotelica e Spinozista presso l'Accademia di Venezia. Tutti sapevano che si trattava di un evento unico nella storia, che mai s'era visto a memoria d'uomo. L'attesa aveva preso molti studiosi già da mesi, e finalmente tutto era pronto affinchè si potesse dare inizio. Padre Eckart sentiva, nonostante la provata esperienza nelle cose del mondo, tutto il peso della responsabilità. Ciononostante assaporava anche per sè, per la gloria dell'Altissimo, quello che considerava un arrivo della sua vita, quasi pensando di essere vissuto affinchè questo giorno potesse arrivare. Fin da giovane aveva approfondito la filosofia, poi molto lo aveva portato lontano da quel suo primo amore, cose felicissime e gioiosissime, e cose dolorosissime... fino all'abbandono nella fede, all'approfondimento della Virtù, e all'insegnamento ai giovani, verso cui riponeva un'incommensurabile stima. Nessuno avrebbe mai pensato per lui un destino da Domenicano, eppure quella era necessariamente e fortemente la volontà del Signore, che ormai guidava i suoi passi e lo illuminava nella domanda, alla luce del mistero.
    Ora... questo vecchio frate, che alcuni avrebbero detto semplicemente un povero parroco, e altri avrebbero dipinto con i toni della più fine morale, saliva in cattedra per parlare ai Teologi di tutta Italia, i maggiori fra essi, assieme ovviamente alle genti, venute da ogni dove, anche solo per ascoltare.

    Un pezzo del suo cuore era certamente rivolto ai suoi figli e alla sua famiglia, che conosceva il suo patire di sempre, potendo riconoscere in lui il significato del suo agire e discorrere di sempre, persino nei suoi momenti più burberi o ilari.

    Un altro pezzo di cuore era rivolto a quell'altra più grande famiglia che era la Santa Chiesa Aristotelica, e primariamente all'Ordine di San Domenico, che rappresentava la sua salvezza negli anni più bui ed incerti, più faticosi, persino di gravissimo lutto.

    Poi c'era il pensiero per gli amici, quelli veri, i vecchi e i nuovi.

    A tutti costoro il padre dedicò uno sguardo che si spanse circolarmente, e che comunicò un misto di sentimenti esatti ma fusi tra loro, eppure netti: c'era il timore per ciò che si sarebbe detto, per quello che sarebbe potuto succedere, c'era l'orgoglio di poter finalmente dire alle distanze, raccogliendole in un'unica sala, c'era il coraggio di farlo, c'era il piacere di ricevere, c'era la voglia di dedicare, e la possibilità di servire: servire il dialogo, e per questo servire Dio.

    Tutto ciò seguì il Padre mentre salì, quel giorno, in cattedra, per esprimere un significato già trasceso, già immensamente più grande di lui, già storico, e per ciò spirituale.

    Gli occhi di padre Eckart, in quel momento, erano fermi e decisi, il cuore finalmente tenuto saldo dalla ragione.

    Schiarì la voce aprì le braccia, e si preparò a dire qualcosa di preparato non sulla carta, ma nell'anima, con la vita stessa.
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    Messaggio  Eckart Dom Set 26, 2010 10:32 pm

    "Padri miei, figli miei, fratelli e sorelle, amici.

    Vedervi qui oggi riempie il mio cuore e lo rende grato a Dio, che rende possibile tutto questo, in questo piccolo lembo di terra mosso da ordine cosmico, non particolare, ma universale. L'amore possa guidare i nostri gesti, le nostre parole e le nostre intenzioni: esso muove verso l'Alto dei cieli, così ora, così sempre. Ciò che penso oggi si agita in me, prego affinchè possa essere degno mediatore di un messaggio di amicizia, che vuole il dialogo, e che cerca la verità.

    Affrontiamo oggi, e affronteremo nei giorni a venire, un impegno, che coinvolgerà le nostre forze, le nostre conoscenze, le nostre intenzioni di sempre, attenti come sempre alla luce della fede, chiari nel percorso che ha guidato i nostri passi, sia pur non sempre in maniera rettilinea, dato che la nostra natura è umana. Siamo eredi dei secoli, sentiamo di certo, tutti, il senso del progresso che ci mette in cammino verso il meglio, dunque verso il bene. Possa questo bene governare le nostre coscienze, possa renderle parsimoniose e pronte allascolto, possa lo spirito che ci anima, che ci ha formato a che ci ha condotto lontani essere primariamente significato d'incontro e di amicizia: non siamo qui per le divisioni, nonostante la differenza, nessuno lo nega, delle idee, delle posizioni e delle vedute, persino dei credi religiosi. Accogliamo il simile non per l'abito che indossa, non per l'etichetta che si dà, ma per l'umana essenza, che ciascuno di noi contraddistingue. Perchè ognuno di noi ha cuore. Ognuno di noi ha ragione. La virtù ci insegna che cuore e ragione sono fondamentali, ma essi non vanno avanti singolarmente: sappiamo dai Profeti che il cuore anela alla ragione, e la ragione al cuore, ed essi non devono mai essere separati.

    Sia dannato chi proverà a farlo!

    Ciò che accade, relativamente all'essere umano, non è il frutto di una volontà singola, non è il prodotto di un unico passo, ma è l'insieme della comunione delle volontà: se siamo qui oggi e perchè essa abbia un significato e un valore.

    Vorrei raccontare un piccolo aneddoto della mia vita, lo vorrei per spiegare meglio questo concetto.

    Nel periodo più buio della mia vita, lontano dall'amore di Dio, vacillante e fuori da ogni grazia, dopo che la mia amatissima morì, la madre dei miei figli, la mia Sofia, cominciai a frequentare più assiduamente le taverne, e soprattutto quelle di più discutibile gusto. Mi sentivo smarrito, e diedi la mia vita al caso, o quello che credevo essere... il caso. Bevevo fuori da ogni bellezza della vita, partecipavo a bische. Spesso urlavo, qualche volta ho bestemmiato e alzato la mia ira al cielo, solare o notturno, terso o nuvoloso, giacchè niente riuscivo più a distinguere.

    Capii, lentamente, ma capii, che il mondo non è governato dal caso, e questa fu la mia salvezza: di certo fu un'intuizione non mia, ma ispirata!

    Una notte osservai i giocatori di dadi... c'era chi governava il gioco, raccoglieva le scommesse. Costui accumulò in breve tempo un gran numero di ducati, finchè il suo inganno non fu scoperto.

    Chi perse una, due, tre, quattro volte, sempre... capì cosa si celava. Per poco o per tanto che il gioco durò, e il mio stato d'animo di allora non mi permise certo la percezione empirica del tempo, feci presto a riconoscere che i dadi erano truccati. Mi bastò vedere perdere sei ducati, per dimostrarlo, per vedere fermamente all'opera una macchinazione ben ordita. Questo pensiero mi si lavorò dentro, finchè finalmente capii qualcosa di molto più ampio: smisi di rifiutarmi di credere... Capii chiaramente che, considerando nell'universo combinazioni mille volte più complicate e difficili, ordinate e utili, anche i dadi della natura sono truccati, e governati. Chi o cosa governi questi dadi non lo potremo mai dire a mente... solo lo possiamo con la fede, e con il nostro credo. Nella mia concezione la verità si rifà al Dogma, che accetto, perchè è la spiegazione, e ad essa mi attengo; per essa ringrazio il mio Signore nell'alto dei cieli, che conferma il mio stare al mondo, mettendomi nel cuore e nella ragione qualcosa che sarebbe del tutto incomprensibile, per me, senza di lui. Ma, considerato il mio limite umano, cosa dovrei fare? Certo ho cercato Dio nei libri, nella preghiera, e nel mondo, nel soffiare del vento, nel lavoro mattutino o serale, e devo dire che questo mi ha avvicinato di più all'eterno, perchè ha confermato sempre più la mia comprensione, e l'intuizione che ebbi quel giorno in taverna. Però sarei meschino e gretto se limitassi la ragione alla mia sola ragione, e forse anche alla ragione implicita al mio credere, se non ascoltassi anche le ragioni degli altri, e se non avessi il pudore e la pacatezza del discorrere.

    Per questo sento che occasioni come questa oggi mi rappresentano, che fanno bene alla mia fede e alla mia vocazione, che portano amore a Dio.

    Per questo credo fortemente che non sia il caso che ci porti, oggi, qui, assieme, per ascoltarci l'un l'altro, per apprezzare dell'altro quella verità che ci puà sfuggire, per aggiungere qualcosa alla nostra umana comprensione, in linea con la Virtù che vogliamo difendere e rappresentare.

    Signori miei, di ogni ordine e grado, di ogni dove e direzione, io vi ringrazio per essere qui oggi: assieme possiamo di più, assieme possiamo meglio capire, assieme possiamo di certo essere più graditi a Dio, che di certo ci vuole assieme, perchè niente avviene per caso.

    Ora... Il Convegno, con queste parole, così inizia... Giornalmente vi metterò il programma e vi aggiornerò presso la bacheca dell'Accademia, in maniera tale da regolare eventuali problemi o ritardi... prego dunque di seguire ciò che vi sarà indicato.

    Termino di parlare per ora, ma non certo di ascoltarvi. Chiunque voglia commentare dunque, ora ne ha facoltà."


    Detto ciò Padre Eckart puntò il suo viso fisso verso la platea, in attesa di qualcuno o qualcosa.
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    Messaggio  Fenice Maria Helena Aslan Dom Set 26, 2010 11:07 pm

    Fenice si alzò con sorriso e si avvicinò a Padre Eckart, porgendogli in silenzio una pergamena. Si era permessa di aprirla, poiché chi l'aveva scritta l'aveva indirizzata a lei come latrice per gli altri, ma la consegnava a colui che più di tutti ne era destinatario in nome della comunità.
    La lettera giungeva da lontano... era arrivata in tempo per un calcolo sapiente del tempo necessario al viaggio e con l'aiuto del fato oppure del disegno divino... Era vergata in eleganti lettere e recitava così:


    Die XXVI septembri A.D. 1458
    Alli convenuti apud l’Accademia di Venetia
    Sulla religione et la fratellanza in essa.
    Sono varie le religioni, non solo per l'Impero, ma per le città ancora. Altri onorano il Sole, altri la Luna, altri alcuna de le stelle erranti. Alcuni onorano per sommo dio qualche uomo che sia stato egregio per virtù. Ma la maggior parte, i più prudenti dico, non adora alcuna di queste cose, ma pensa che vi sia una occulta, eterna, immensa e inesplicabile divinità, sopra ogni capacità umana, la quale con la virtù, non con la grandezza, si stenda per questo mondo, e questo Dio chiamano padre. Da lui riconoscono l'origine, l'aumento, i mutamenti e il fine di tutte le cose e a lui solo danno i divini onori. Gli altri tutti, benché adorino cose diverse, in questo parere concorrono, che vi sia un sommo Dio, il quale abbia creato il tutto e con sua prudenza lo conservi. Ma discordano in questo: che uno afferma che questo sommo Dio sia una cosa e alcuno un'altra. Affermano, però, che quel sommo, il qual tengono per Dio, ha il governo del tutto. E già sarebbono quindi tutti di una religione, se non che ogni disgrazia che loro accade nel mutare la religione si pensano che gli sia mandata dal Cielo per castigo e che quel Dio, il quale vogliono abbandonare, si vendichi di questa loro empia intenzione.
    Combattendo adunque tra gli huomini per la religione, d’uopo saria fare un editto che ognuno possa tenere quella religione qual più gli aggrada a l'animo, e s'alcuno brama di tirare l'altro ne la sua religione, puote con modestia e ragioni studiare a persuaderlo, ma non usare in questo alcuna violenza o ingiuria; e chi contenda di questo importunamente sia punito con l'esilio o con servitù. Tale statuto si faccia non solamente per rispetto di conservare la pace, la quale con la contenzione e con l'odio si estingue, ma eziandio pensando che piaccia a Dio il culto vario e diverso e che perciò ispiri varii riti a questo e a quello. Ma si giudichi che non sia convenevole voler con forza e minacce sforzare alcuno a credere quello che tu credi per vero. E quantunque una di queste religioni sia vera, tuttavia si voglia che sieno persuasi i cittadini a quella con modestia, sperando che la verità, quando che sia, debbia rimaner vittoriosa; e che, contendendosi con arme, gli uomini ostinati puotrebbono con le loro vane superstizioni opprimere la vera religione, come aviene che i frutti vengono affogati da le spine. Così, da tai ragioni mossi, si lasci libero ad ognuno di credere quello che più gli piace. Solamente si vieti che niuno affermi le anime morire con i corpi e che il mondo sia governato a caso, senza previdenza divina, laonde si vuole che dopo questa vita sieno puniti i vizii e premiate le virtù. Quei che negano tai cose sieno tenuti peggio che bestie, volendo assimigliare l'anima umana a le pecore.
    Statevi adunque in pace ragionando tra di voi di tai cose, con animo lieto e disposto alla construttione di pensamenti condivisi, e possano tai pensamenti illuminare poi le genti et le contrade tutte, in spirito d’amicitia et fratellanza. Il che piaccia a Dio che avenga.
    Humiliter
    Tomaso da Moria



    Fenice rimase al fianco di Padre Eckart finché egli ebbe terminato di leggere la lettera e poi tornò al suo posto in silenzio, disponendosi ad ascoltare ciò che sarebbe venuto dopo.
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    Messaggio  Eckart Dom Set 26, 2010 11:14 pm

    Con commozione Padre Eckart lesse la pergamena che dama Fenice, delicatamente come sempre, gli porse.

    Lesse, perchè tutte le voci dovevano ora essere ascoltate.
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    Messaggio  Pascal Lun Set 27, 2010 6:17 am

    Mi presento: nacqui Luciano Paul, figlio di Michele Alejandro Monforte.
    I miei primi ricordi, sono legati ad un monastero: Monte Cassino.
    Esso è un rudure; oh! Quanto mi piacerebbe se l'Imperatore desse ordine di riaddobbarlo!
    Ho saputo che forse fu fondato dallo stesso S. Benedetto, patrono di tutti gli Ordini Religiosi.

    La mia educazione mi fu impartita da un monaco. O almeno, io lo credevo tale. Il suo nome era Padre Gandolfo, e veniva dalla Sicilia.
    Devo dire che i suoi insegnamenti non erano del tutto ortodossi. Eh, tali sono ancora oggi i pochi benedettini che vagano per il mondo, alla ricerca di chissà che cosa...

    Però egli mi insegnò dei valori.
    Capite cosa voglio dire?
    Mi insegno che se io rubo, di fatto, sto facendo del male a tutti. Sto togliendo il frutto del lavoro altrui. È una umiliazione completa, il derubare, perchè oltre al danno, vi è pure la beffa. Allora capiterà che il derubato anchegli, per ripicca, si dedicherà al ladrocinio ed al brigantaggio. Ed allora sorgerà quel fenomeno che i contadini nemmeno osano immaginare: Apocalisse. Finimondo.

    Vi direte: cosa c'entra?
    Beh, volevo fare intendere che io credo fortemente nel concetto di Ordine. Non inteso come una entità oppressiva, che schiaccia l'Uomo e stritola il genio, l'inventiva, la bellezza. Il mio Ordine è una Forza che rende Giustizia nel mondo. Il povero verrà ricompensato con la Vita Eterna, il ladro conoscerà desolazione e torture.
    L'osservazione non solo della Natura, ma degli stessi apparati civili, sociali e tribali a cui, senza rendercene conto, ci sottomettiamo, mi ha convinto di questa Forza Provvidente, per cui, semplifichiamo, alla fine i Buoni vincono Sempre.

    E per questo che oggi sono qui. Non è a me data l'assoluta certezza di stare dal fronte giusto, dunque il dubbio mi accompagna.
    Ma Aristotele e Christos sintetizzano tutto ciò in cui io credo, questo scaccia i dubbi. La consapevolezza di saper controllare il Dubbio genera in me Forza ed Ardore per supportare il mio Credo. Quindi io so che Dio mi ama, e non è contemplabile la sconfitta.

    Allora, non consideratemi male, se io oggi ho la presunzione di cogliere questa esperienza come una sfida.
    Vi è molto onore nel duello, non trovate? Tuttavia, non vi è onore senza rispetto delle Regole, dell'Avversario e della Diversità di Vedute.
    Nella Sconfitta, non vi è spazio alla fortuna, ed in un vero duello, mi ripugna lo scherno. Vittoria e Sconfitta sono concetti al di sopra di chi vince e chi perde. Anche colui che pare moribondo, ferito, umiliato e deriso, in verità egli ha vinto, perchè di queste persone si comporrà il Regno di Dio.
    La guerra che noi si combatte, non è una guerra mirata all'annientamento della setta di Spinoza. È una guerra contro noi stessi, contro i nostri fantasmi, contro le nostre paure, che quotidianamente, invece, ci sostengono così arcigni come appariamo ai più; lo Spinozismo, con la sua diversità, ci serve da specchio.
    È il Dubbio che rafforza le nostre convinzioni!

    E tra un male maggiore, ed uno minore, cosa voi scegliereste? Meglio una eterodossia le cui colpe ricadano su di noi, che un'eresia le cui colpe ricadano sui fedeli innocenti! Siate allora felici, oggi non serviranno cause materiali per la Gloria di Dio, ma solo la Fede e la Ragione, per vincere questo duello contro l'eterodosso!


    Padre Luciano, che di solito, se non assumeva un tono sommesso, manteneva dei modi blandi, per così dire leziosi, salito sul palco quasi di prepotenza, si mostrava un oratore categorico come in altre occasioni, e mai con così tanto vigore.
    Le mani prima si congiungevano a coppa, poi le braccia le elevavano velocemente al cielo. Il pollice toccava le quattro dita a becco d'anatra, e poi i palmi si distendevano.
    Un animosità del tutto siciliana spiccava nei suoi movimenti fuliminei.
    Sotto un certo punto di vista, a momenti il ragazzo chiamato Pascal assumeva un tono non dissimile dalle orazioni marziali di un Capitano di un reggimento a difesa di una città sotto assedio. Sembrava voler invocare una fine gloriosa per l'uditorio, una chiamata al dovere.
    Non vi era paura, non vi era pudore, in tali parole; ma non vi era nemmeno scandalo. Agli occhi di coloro che erano di basso rango, vi era, piuttosto, autorità, sebbene il discorso fosse realmente incomprensibile ai più.
    Gli anziani, le alte cariche, forse avrebero disapprovato lo stile esaltato e pungente. Le posizioni intellettuali assunte da Pascal, difficilmente erano riassimilabili ad una precisa corrente di pensiero della Chiesa, e di certo non ammiccavano assolutamente allo Spinozismo.

    In definitiva, era un Pascal contro tutti; forse il giovane non aveva davvero colto lo spirito che doveva animare il convegno, però, come sussurrò un basso nobile o un patrizio in fondo alla sala: "Si è tolto qualche sassolino dalla scarpa..."
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    Messaggio  Gianlupo Lun Set 27, 2010 4:21 pm

    Gianlupo era seduto. Accarezzava la barba folta e a tratti tratteneva il respiro.
    Attendeva l'inizio del discorso di Eckart.
    Lo guardava e rifletteva sui suoi movimenti, ad ogni istante trascorso poneva l'accento su alcuni interrogativi: Cosa starà pensando?

    Cambiò visione.

    Ora osservava attentamente Fenice; pensava quanta grazia avesse raggiunto nel tempo e come fosse cambiata. Nei suoi occhi leggeva qualcosa di diverso rispetto ai primi tempi trascorsi a Mirandola, la vedeva cresciuta, matura e dolcemente in equilibrio.

    Sorrise felice e si sentiva a suo agio.

    Quando Padre Eckart aprì bocca la sua mente tacque.
    Non perse una sola parola.

    Annuiva e accarezzava la barba.

    I dadi.

    Un sorriso e comprese ora.

    Improvvisamente la lettera e qualcosa penetrò in lui; molteplici pensieri si liberarono.
    Annuì nuovamente come ad assicurarsi di quell'intuizione.

    Quella stessa intuizione divenne percezione.
    Stava accadendo qualcosa a cui ora non poteva dar sostanza e forma, una sensazione.
    Eppure percepiva la portata e le possibilità di espansione.
    Respirò a pieni polmoni e attese.


    Giunse l'intervento che aveva conosciuto a Gaeta e che per più di una settimana la comunità aveva ospitato.

    Con lui aveva condiviso le notti pre autunnali e aveva amabilmente conversato con lui.

    Ascoltò attentamente.

    Tre parole: paura, sfida e vittoria.
    Sospirò ricercando sostegno nella riflessione.
    Ancora una volta portò le dita alla folta barba.
    Inspirò una volta terminato il discorso di Pascal.

    Un pensiero lo riportò al sorriso e si alzò, alzando il dito per prender parola.
    Lo sguardo rivolto alla platea. Serena pacatezza e indelebile intensità lo portarono all'espressione.


    “Shalom a tutti e a tutte,fratelli e sorelle, sono l'admor spinozista Nagid Gianlupo dall'Aquila.
    Spero di esser breve e conciso, perché preferisco non ascoltar la mia voce, ma ascoltare le vostre come ho fatto fino a questo momento.
    Spero di esser breve e conciso, perché con trepidazione attendo l'inizio dei lavori previsti da questo convegno.
    I miei interventi di presentazione non mi hanno mai entusiasmato e in totale continuazione con me stesso posso dire che tutt'ora non mi entusiasmano; soprattutto perché disattenderò la promessa di brevità.”


    Fece un cenno del capo nell'intento di chiedere paraverbalmente perdono.

    “La prima volta che ebbi notizia di questo Convegno fu nel luglio di quest'anno mentre ero nel Feudo di Comino, nel Regno delle Due Sicilie, per partecipare alla conferenza di dialogo aristotelico- spinozista convocata in seguito alla campagna giustizia e verità.
    In quei giorni concitati la notizia di questo convegno mi ricordo sopì tensioni e giunse come una sorpresa attesa. Così fu per il Sinedrio, l'assemblea generale spinozista, che accolse quest'evento come un'occasione.

    Che tipo di occasione?

    Un'occasione d'incontro, fuori dai vincoli formali e strategici della politica, ma decisamente interna all'ambito in cui la maggior parte dei presenti opera, ossia quello religioso.
    Per la prima volta avevamo scorto una modalità altra di rappresentazione conoscitiva di sé.

    E oggi eccoci qui.
    Questo lo ritengo,al di là di qualsiasi esito e modalità d'approccio, una tappa fondamentale.

    Vivo, dunque, questo presente come l'inizio di una reale relazione tra persone che credono e soprattutto tra teologi.
    Sì, perché a mio parere le relazioni esistenti tra credenti aristotelici e spinozisti hanno di gran lunga superato il punto in cui si ritrovano teologi e soprattutto le cariche rappresentative qui presenti. I miei allievi, i miei fratelli e le mie sorelle, i miei amici e le mie amiche aristoteliche mi stanno insegnando più di quanto io possa pensare.
    Paghiamo un ritardo mostruoso.

    Concordo con quegli aristotelici che più volte hanno rimarcato l'abisso differenziale in ambito conoscitivo interpersonale e teologico verificatosi tra credenti aristotelici e i propri esponenti nella relazione con gli spinozisti.
    Dico ciò perché nello spinozismo, minoranza profondamente coesa, tale demarcazione è del tutto nulla, di fatto la comunità esprime sé stessa nel Sinedrio e quest'ultimo è la comunità.

    Per chi non se ne fosse accorto, forme di convivenza pacifica e di reciproca conoscenza sono già in atto da tempo tra le persone che compongono le nostre due comunità; da sempre credo ottimo esempio sperimentale di relazione.

    Per ragioni del tutto estranee all'ambito religioso, a mio avviso invece, pare non essersi verificata tale condizione tra comunità spinozista ed esponenti aristotelici.


    Allora posso considerare le giornate che ci attendono come una sfida?
    No.
    Sfidarsi significa misurarsi in una competizione, ma io come altri non siamo qui per competere perché non vi è nulla da vincere e nulla da misurare.

    Possiamo dunque introdurre il concetto di vittoria all'interno della dialettica di questi giorni?
    No.
    Forse proprio avendo conosciuto la mentalità da vinti siamo riusciti meglio a concepire il significato di conflitto e ad utilizzarlo in determinate occasioni.

    Possiamo essere qui accompagnati dal sentimento della paura nel conoscere l'altro?
    No.
    Abbiamo perso la paura in altre sale molto meno ospitali di questa; portiamo con noi le paure sempre, ma sono di altro tipo e sicuramente non possono caratterizzare la relazione conoscitiva.
    Stiamo imparando ad aver paura per il futuro dei nostri figli e delle nostre figlie siano essi spinozisti siano essi aristotelici; quella paura ci serve per superare lo steccato dell'inerzia e delle ingiustizie.

    Quindi?


    Io ho conosciuto, con diversi gradi, tre aspetti dell'Aristotelismo:

    I libri sacri
    I suoi credenti
    I suoi esponenti

    Eppure non riesco a dire a pieno di conoscere l'aristotelismo, conosco certi suoi volti: alcuni positivi altri negativi, ma non ho impiegato abbastanza energie per conoscere a fondo.”


    Fece una pausa e ricominciò.

    “Mia sorella si chiama Orsola ed è una donna con determinati difetti e determinati pregi, posso dire oggi che tipo di donna sia e chi sia. Eppure ho dovuto necessariamente ascoltarla, viverci assieme, condividere gioie e dolori con lei, ho dovuto sostenerla nel momento del bisogno e rimproverarla quando è stato il momento, mi sono preoccupato delle sue paure e dei suoi desideri e così lei ha fatto con me.

    Se non ci fossimo ascoltati e se non avessimo parlato così a fondo, così in profondità...ecco...se non avessimo vissuto insieme buona parte della nostra vita....non so se oggi riuscirei a dire chi è Orsola.


    Oggi sono qui allora per conoscere una sorella; ascolterò, permetterò di farmi conoscere, parlerò, cercherò di comprendere e di farmi comprendere.

    Una mia premessa metodologica infine:
    non riesco a sopportare il verbo “presumere” e non lo accetto.
    Io non voglio presumere e non userò mai questo verbo.

    Tutto questo per dirvi buon lavoro.
    Tutto questo per ringraziare coloro che si sono prodigati per questo evento, quindi tutta l'Accademia e i suoi ospitali abitanti.
    Grazie di cuore.

    Ringrazio, infine, gli eventuali presenti i quali non ritengono che il cambiamento dimori nella diversità e nella libertà, poiché esser qui significa aver compiuto un tentativo di modificare in positivo tale proposizione.

    Perdonate la lunghezza e la prolissità.

    Shalom.”



    Così dicendo chinò il capo e ritornò a sedere.
    Il tempo dell'attesa si stava esaurendo e sopraggiunse nuovamente quello dell'ascolto.

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    Messaggio  Cherri Lun Set 27, 2010 11:52 pm

    Arrivò nell'aula magna e si sedette in fondo...


    Ascoltò con attenzione quello che Padre Eckart, Padre Luciano e Gianlupo avevano detto.....Osservò Fenice, presenza elegante e discreta, con un sorriso dolce e sereno......


    Tanti pensieri passavano nella mente di Farah in quel momento...situazioni da risolvere non la rendevano serena......era stanca....mancava poco ormai alla fine della sua gravidanza e pensò che, per fortuna, aveva deciso di partecipare al convegno in qualità di uditore....
    Sicuramente sarebbe stato molto interessante e l'avrebbe arricchita...e questa era una cosa buona.....così come il dialogo cercato da questi esponenti della fede Aristotelica....


    Guardò il suo compagno e gli sorrise poi si predispose all'ascolto.....
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    Messaggio  Eckart Mar Set 28, 2010 12:40 am

    Il tempo delle presentazioni stava per concludersi. Presto sarebbe stato il tempo del Convegno vero e proprio. Padre Eckart era abbastanza siddisfatto di ciò che era stato fin qui raccolto. Molte idee erano state espresse.

    Come sempre accolse con gioia la delicatezza di Madama Fenice, questa volta ne apprezzò anche il coraggio nel portare avanti parole, se pur di altri, di grande rilevanza.

    Poi ascoltò due promettenti giovani: il suo allievo, Pascal, e l'Admor di Gaeta, Gianlupo.

    Mentre costoro parlarono, si diede attento, pronto a cogliere anche la più sottile sfumatura. Apprezzò la schiettezza di entrambi.

    Si trovò ad annuire quando Pascal costruì la sua apologia dell'Ordine divino in quanto ordine di giustizia, altrettanto quando l'Admor rilevò che lo scopo dell'incontro non era certo lo scontro ma l'incontro. Dubitò quando questi rimarcò il concetto dello spinozismo e dell'aristotelismo quali religioni sorelle. Raccolse dunque questi pensieri, poi disse:

    "Amici qui convenuti, ciò che abbiamo ascoltato è meraviglioso, al di là di eventuali verità o errori esposti. Meraviglioso è stato sentire discorsi che si sono voluti sinceri e onesti, che si sono espressi in maniera schietta.

    Cercherò anche io di essere schietto... e ora dirò la mia su quanto affermato.

    Anche io, come l'Admor Gianlupo, ritengo che lo scopo di questo convegno non sia il duello, ma principalmete l'incontro, che possiamo anche ritenere essere fatto di confronti dialettici. Penso ciò, e lo voglio ribadire con forza: da sempre lo scopo del Convegno, nelle mie intenzioni quando cominciai a curarmene,e nei permessi che richiesi ai Padri della Chiesa, è stato quello di verificare le possibili verità comuni di due diverse fedi, in maniera tale che si potesse affrontare il discorso religioso almeno con il linguaggio condiviso. E' un compito difficilissimo quello che ci siamo dati, e forse impossibile. Tuttavia ho sempre ritenuto potesse essere intellettualmente conveniante poter affrontare le relazioni tra aristotelici e spinozisti finalmente su un piano diverso rispetto a quello instaurato quando si ricercano trattati o quando si devono rimarcare differenze, che esistono, certamente esistono. Differenze tali da farmi ritenere che non dello stesso sangue siano fatte le nostre religioni. Non vedo, ahimè, troppa somiglianza, nemmeno d'aspetto. Ciononostante reputo gli uomini qui convenuti uomini non meschini, ma anzi uomini di buona volontà. Io per primo vorrei essere smentito su quanto penso, ma ho il dovere di dire ciò che penso.
    Noi ora discuteremo della questione teologica, perchè questa abbiamo messo davanti a noi; ebbene due confini molto importanti affronteremo: il confine immanenza-trascendenza, e il confine etica-morale, attraverso i temi del bello, del giusto, del vero.

    Ebbene in tali confini io vedo poca sintesi, se non che la trascendenza comprenda anche l'immanenza, e che la morale comprenda anche l'etica: viceversa io non vedo; da aristotelico, dunque, probabilmente osservo la parte che attiene alla mia logica, ma sono pronto ad ascoltare altre logiche.
    Sperando che potremo tutti quanti un poco crescere in scienza e conoscenza.

    Se qualcuno ha domande, esse sono ben accette, altrimenti l'invito è a domani, per la discussione sul bello, dove interverranno Padre Tacuma ed il
    giovane Giobbe.

    Mi auguri accorriate numerosi."


    Ciò detto, padre Eckart ancora osservò un poco la platea.
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    Messaggio  Morvan Mar Set 28, 2010 6:17 pm

    Morvan, era emozionato. Era arrivato in aula magna con estrema puntualità per assistere all'apertura del grande evento! Si sentiva umile ma allo stesso tempo importante in mezzo a così tante gente dotta e istruito nella fede in Aristotele che ha aveva sempre guidato la sua vita e i suoi passi; fede che quel giorno lo aveva portato fino a Venezia per assistere a quell'importantissimo convegno.
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    Messaggio  Sir.Johnny Mar Set 28, 2010 7:18 pm

    Le parole di Padre Eckart prima,
    il discorso infiammato di Don Luciano poi
    e il fine intervento di Gianlupo furono una buon antipasto per padre Jean di quello che sarebbe passato alla storia come uno dei piu' importanti convegni della storia italica.
    Egli aveva appena finito di bisticciare con Arimanno in sede di partito sulla decisione della Regina delle Due Sicilie di abrogare quanto lui, primo rappresentate spinozista del R2S era riuscito ad ottenere in due anni di diplomazia e di lavoro.

    "Sfidarsi significa misurarsi in una competizione, ma io come altri non siamo qui per competere perché non vi è nulla da vincere e nulla da misurare."

    Parole molto saggie quelle che aveva espresso l'Admor Spinozista.
    Non si poteva che condividerle.
    Pultroppo secondo lui le divergenze e i nodi sarebbero venuti al pettine nelle giornate successive.

    Domani non avrebbe perso il convegno sul bello, suo cavallo di battaglia, per nessuna ragione al mondo.
    donangelito
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    Messaggio  donangelito Ven Ott 01, 2010 11:53 pm

    Don Angelito ascoltava in silenzio seguendo tutto con vivida attenzione...

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