ACCADEMIA DI VENEZIA

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    Terza Giornata: IL GIUSTO

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    Messaggio  Eckart Mer Set 29, 2010 7:33 pm

    Padre Eckart era stato colto, in quei giorni, da una certa stanchezza. La vecchiaia a volte si faceva sentire più del solito, e quei giorni erano di certo particolari per le tante cose che stavano succedendo nella sua vita, di cui quelle accademiche erano solo una minima parte.

    Cercò di respirare profondamente prima di salire in cattedra, e si diede pure qualche colpetto in faccia, come per dire a se stesso: Ora coraggio... è tempo di agire!

    Felice di vedere l'aula magna ancora gremita calcolò a mente un tono adatto della voce, e cominciò:

    Amici carissimi,

    Benritrovati anche oggi in questo tempo di studi e riflessioni, qui. Oggi affronteremo un tema delicatissimo, ma che dobbiamo certo non censurare, perchè ora il dialogo rischia davvero di essere molto utile alle nostre buone relazioni. Propongo di far cominciare, per prima, la parte spinozista, a seguire quella aristotelica. Chiedo quindi al Magister Vespasiano di salire con me in cattedra, per cominciare.
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    Messaggio  Morvan Mer Set 29, 2010 8:26 pm

    Anzioso di conoscere le opinioni sull'argomento dello spinozista, padre Morvan si zittì in un angolo per ascoltare in silenzio!
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    Messaggio  Gianlupo Gio Set 30, 2010 12:55 am

    Come il giorno precedente e di buon mattino si era svegliato, aveva salutato la sua Tzadik Farah, i suoi fratelli e le sue sorelle.
    Si accomodò in Aula Magna per assistere a quella terza giornata.

    Con la solita pacatezza e serenità si preparò a scrivere e a prendere appunti.
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    Messaggio  Eckart Gio Set 30, 2010 1:03 am

    Padre Eckart si guardava in giro... e non scorgeva Vespasiano tra la folla. Si chiedeva cosa stesse succedendo.
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    Messaggio  Fenice Maria Helena Aslan Gio Set 30, 2010 1:20 am

    In attesa, Fenice si guardava intorno. Aveva seguito in disparte i meravigliosi dialoghi del giorno precedente e li aveva custoditi nella mente e nel cuore, riflettendo.
    Non aveva alcuna voce in capitolo per parlare, ma desiderava ascoltare e apprendere. Le sue aspettative fino ad allora non erano state disattese... e ci sarebbe stato ancora molto da sentire e da ripensare.
    Guardando alcune file più in là, incontrò lo sguardo di Cherri e le sorrise. Una corrente di simpatia spontanea scorreva tra di loro... sperava di trovare l'occasione e il tempo per parlare un poco con lei e conoscerla. Le fece un cenno di saluto. Lo sguardo indugiò sulle sue forme arrotondate dalla gravidanza e sul viso un po' pallido ma sereno.
    Fenice lasciò scorrere lo sguardo in giro per la sala e notò la leggera apprensione di Padre Eckart, che le sembrava stanco, anche se era evidentemente soddisfatto di come stavano andando le cose e pieno di ardore per il confronto e gli argomenti delle discussioni. Sapeva quanto gli fosse costata l'organizzazione del convegno in termini di tempo e di concentrazione della volontà... lo ammirava per la forza e l'umile tenacia con cui portava avanti le sue idee e convinzioni, e gli era grata per tutto quello che aveva potuto imparare standogli vicina.
    Il Giusto... l'argomento del giorno era carico di responsabilità e di importanza. Fenice pensò a quanto si sforzasse di uniformare la propria vita e i propri comportamenti a questo alto concetto, e per qualche minuto la sua mente si perse, assorbita da queste riflessioni.
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    Messaggio  Cherri Gio Set 30, 2010 2:20 am

    Anche quel giorno arrivò nell'Aula Magna pronta ad ascoltare....


    L'argomento di oggi era "Il Giusto"....argomento molto interessante.....era proprio curiosa di ascoltare lo svilupparsi del discorso...


    Per la Comunità Spinozista, Farah era un giusto....lo Tzadik, ruolo che cercava di svolgere al meglio con l'aiuto di tutti...


    Si sedette accanto al suo compagno e sorrise vedendolo preparare il taccuino per prendere gli appunti....il taccuino....uno di quelli a lui più cari....


    L'Aula era piena ma Farah incrociò lo sguardo di Fenice....le sorrise e alzò la mano in risposta al suo saluto....pensò che anche lei avesse piacere di conoscerla meglio....notò che la dama si era soffermata a guardare il suo pancione....mancava poco alla fine della gravidanza ormai e lei si sentiva spesso stanca...sorrise ancora portando una mano come per voler accarezzare la piccola vita dentro di lei....


    Chiuse gli occhi per ritrovare la concentrazione e si pose all'ascolto....
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    Messaggio  Amira Gio Set 30, 2010 11:20 am

    Secondo giorno di Conferenza.
    Tutto sembrava andare secondo i piani stabiliti. L'aula era piena esattamente, se non di più, del giorno precedente e i posti liberi erano ormai pochi.
    Amira arrivò in punta di piedi, sicura che Padre Eckart aveva già annunciato il primo intervento. Rimase un po' in piedi vicino alla porta, poi notò Nagid e Farah seduti vicini e si diresse verso di loro.
    Un semplice "Shalom", un sorriso. E poi si sedette in attesa dell'intervento di Vespasiano...
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    Messaggio  Eckart Gio Set 30, 2010 7:30 pm

    Con dispiacere Padre Eckart dovette attendere invano. Qualcosa doveva esere successa al Magister, per questo suo ritardo.

    Il Direttore propose dunque che fosse Padre Dragonenero a dare inizio a quella giornata, in attesa che Vespasiano si presentasse, o che fossero chiariti i motivi del suo ritardo. Disse dunque:

    Dato che abbiamo molto atteso senza risposta l'arrivo dell'Admor Veneziano, propongo che Padre Dragonenero cominci con la sua relazione.

    Nel frattempo chiedo alla Comunità Spinozista di organizzarsi, eventualmente trovando un sostituto o la soluzione che più l'aggrada.

    Ovviamente spero ci sia una relazione spinozista oggi, ma se i motivi della defezione sono seri, allora significa che potremmo saltare questo punto, ascoltando la sola parte aristotelica. Prego intanto Padre Dragonenero di alzarsi e raggiungermi in cattedra.
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    monsignor Tacuma


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    Messaggio  monsignor Tacuma Gio Set 30, 2010 8:56 pm

    Il malanno che lo aveva aggredito sembrava lentamente lasciare il passo ad una piccola ripresa.

    Monsignor Tacuma si alzo' a pomeriggio inoltrato e a passo lento si diresse verso l'aula magna dell'accademia.
    Giunse mentre parlava padre Eckart e silenziosamente prese posto, in attesa che il convefno proseguisse.
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    dragonenero


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    Messaggio  dragonenero Ven Ott 01, 2010 10:11 am

    Padre Dragonenero si alzò e raggiunse Padre Eckart in cattedra, si schiarì la voce e cominciò a parlare

    Vi ringrazio Padre Eckart e mi spiace che la comunità spinozista abbia qualche problema con i suoi relatori, ma visto che si parla del giusto, è giusto andare avanti, perchè gli ospiti qui presenti intendono conoscere e noi siamo qui appunto per questo, per conoscere e per comprendere.

    poi estrasse alcuni fogli dalla bisaccia e cominciò il suo discorso

    Mi è stato chiesto di parlare di ciò che è giusto, un argomento che si potrebbe risolvere in poche parole, ovvero: il bene è giusto e il male è sbagliato.
    in effetti potrei anche terminare qui la mia relazione ma per vostra sfortuna o fortuna non lo farò, semplicemente perchè non mi sembra giusto.
    Visto che ho detto che mi sembra giusto, potrebbe voler dire che la definizione di giusto potrebbe essere soggettiva, e quindi di conseguenza anche la definizione di male potrebbe essere soggettiva, questa è una buona interpretazione, anche se potrebbe essere fuorviante.
    In che senso direte voi, nel senso che noi abbiamo una concezione di bene e male che si potrebbe dire sia soggettiva che comunitaria, andiamo a vederle un po’ meglio:
    I) il senso di bene soggettivo:
    sotto questo aspetto, potremmo mettere tutto quello che pensiamo possa essere buono per noi, per esempio, è buono per noi mangiare carne per aumentare la forza se vogliamo divenire soldati, ma è altrettanto buono per noi mangiare anche alimenti diversi come il latte o la frutta perché di sicuro ci portano benessere, come invece non è buono per noi digiunare per più di 5 giorni, altrimenti ci aspetta una lunga agonia che ci può condurre alla morte. Come vediamo, queste sono cose buone per noi, per il nostro corpo, ma le cose giuste per noi spesso non sono coordinate a quelle buone, per esempio, è giusto sposarsi ma non sempre, purtroppo, questa è un’unione buona per noi, a volte capita che ci lasciamo ammaliare dalla bellezza e non concentriamo la nostra attenzione sulla sostanza, e per questo poi andremo a chiedere l’annullamento del matrimonio.

    Quelli che vi ho riportato sopra sono solo alcuni esempi, ora vediamo invece il senso di bene comunitario.

    II) il senso di bene comunitario
    Sotto questo aspetto invece possiamo mettere tutto quello che pensiamo possa essere buono e giusto per la comunità, e per comunità da intendersi dalla più piccola che è il nucleo familiare fino ad arrivare alle grandi questioni del governo della repubblica. Per la comunità è buono che ci sia un governate supportato da persone fidate, ma questa cosa è anche giusta?
    È giusta nel momento in cui secondo il popolo le cose vanno bene, c’è abbondanza di cibo e di lavoro, possono studiare e vivere tranquilli, risulta non giusta nel momento in cui invece la comunità è a rischio perché ci sono guerre, carestie e discussioni che portano solo altre discussioni ma che non arrivano mai ad una ricerca di soluzioni e la loro ponderazione ed infine esecuzione.

    Dopo aver visto questa breve divisione, ora vedremo come si può unire il tutto, e per farlo, come spesso mi accade, vado in cerca d’aiuto nel Libro delle Virtù, esatto, perché ora spiegheremo il giusto ed il non giusto alla luce della Rivelazione, che come sappiamo tutti è giusta, e che quindi, conoscendo il giusto potremmo anche poi capire cosa sia il non giusto. Abbiate fede, cercherò di essere meno accademico possibile, in quanto monaco cercherò di fare anche meno prediche.

    Partiamo nella nostra scoperta del giusto dal Primo Tomo del Libro delle Virtù, esattamente al capitolo 4° parte IV: Il Giudizio Divino; esatto, per sapere ciò che è giusto, ci deve essere qualcuno che giudica che quella cosa sia effettivamente giusta, ma leggiamo quello che c’è scritto:

    “Alzai gli occhi dallo specchio d’acqua dove quelle immagini terribili si erano appena mostrate ai miei occhi. Tremavo con tutta la mia anima; le urla di sofferenza delle povere vittime delle quattro calamità risuonavano ancora nel mio cuore. Piangevo calde lacrime, tanto era orribile la sorte di quei poveri infelici.”

    Secondo il primo paragrafo, la nostra interpretazione potrebbe essere che ciò che ha fatto Dio, sia stata una cosa mostruosa, inaccettabile ed inconcepibile, perché mai massacrare migliaia di uomini e donne con le 4 calamità del fuoco dell’acqua del vento e della terra? A questa domanda ci risponde subito e qui cominciamo a capire cosa significa giudicare:

    “Allora Dio, con voce dolce e rassicurante, mi disse: “Vedi come rischia di finire il mondo che tanto ami. Sarà distrutto dall’acqua, dalla terra, dal vento e dal fuoco. Ma non aver paura, poiché se vi mostrate virtuosi potrete evitare queste inutili sofferenze. E coloro che vivono nella virtù non abbiano da preoccuparsi, poiché mai Mi dimentico di coloro che Mi amano.” Così mi parlò l’Altissimo. Vidi in effetti le nuvole scomparire, i venti chetarsi, le fiamme spegnersi. Ma la terra tremò come non mai.”

    Dio parla ad Ysupso, che ha assistito a tutto il trambusto, e gli dice una cosa meravigliosa, una frase che verrà ricordata nei secoli e che vedrà anche la sua attuazione nei secoli “poiché mai Mi dimentico di quelli che Mi amano”, con questa frase Dio stabilisce un precetto fondamentale che poi i Profeti ribadiranno chi a parole e chi con la propria vita, questo precetto è che si deve Amare Dio, poiché amare Lui vuol dire amare il Giusto e di conseguenza la Giustizia, visto che proprio da Lui nasce la Giustizia, ma procediamo nella lettura, scopriremo molte altre cose sul giusto e sul non giusto:

    “E gli uomini e le donne che avevano vissuto le atrocità che avevo potuto vedere nell’acqua volarono via dal mondo. Erano innumerevoli, in piedi l’uno accanto all’altro, come un mare di umani. Nonostante il tempo indefinito che avevano aspettato sottoterra, sembravano aver ritrovato una nuova giovinezza. Si alzarono in volo in una magnifica nuvola di esseri che andavano a raggiungere il loro Creatore.

    Dietro di loro, vidi il mondo, gigantesca palla di materia. Tutti gli umani l’avevano lasciato. La sua superficie cominciò a spaccarsi; fiamme titaniche sorgevano dalle crepe che si erano formate. Poi, tutto il mondo si infiammò. Illuminava gli altri astri con una potente luce rossa. Alla fine, con un’esplosione incommensurabile, portò a termine la missione che Dio gli aveva affidato.”

    Questi versetti sono abbastanza oscuri e preoccupanti, almeno visti così, perché ci sembra che la giustizia di Dio non sia ancora terminata, è vero, si sono calmate le acque, il fuoco si è spento ed il vento è cessato, ma la terra trema e si spacca, cosa mai può succedere ora? È il bello della giustizia, ovvero di ciò che è giusto, Dio riconosce la colpevolezza e l’oziosità dell’uomo, che l’ha portato lontano dalla giusta Via, ed ora tocca quello che chiamiamo castigo:

    “Gli umani si sistemarono lungo le stelle, su quella che chiamiamo la via lattea. Si disposero allora in una fila che sembrava interminabile. Alcuni parevano felici di aspettare il Giudizio Divino, altri versavano calde lacrime, rimpiangendo di non aver saputo ascoltare la parola divina trasmessa dal profeta Aristotele e da Christos, il messia. Gli angeli aspettavano pazientemente gli umani sul sole. E sulla luna, i demoni vomitavano il loro odio in faccia ai futuri giudicati.”

    Qui vediamo come alcuni umani prendono l’attesa del castigo, alcuni sono felici di attenderlo perché sono stati amati da Dio ed Amavano Dio, altri invece si pentono di non averlo amato come doveva essere fatto. Inoltre vediamo anche come le Forze Celesti siano in attesa delle anime, gli angeli sono sul Sole, per attendere chi amava Dio e di conseguenza li porteranno al Suo cospetto per adorarlo ed essere finalmente in presenza del proprio amato, mentre i demoni attendono chi ha rinnegato l’Amore di Dio sulla luna, ma non per unire quelle anime alla loro lotta contro il Creatore, cosa che già fu persa in partenza, ma per far patire quelle anime proprio come i demoni soffrono per la loro lontananza da Dio, un continuo ed inestinguibile tormento.

    Vediamo poi cosa succede:

    “E Dio mi parlò: “Vedi questi uomini e queste donne che si trovano ora uniti nell’attesa del giudizio della loro anima. Vi ho fatti aspiranti alla virtù e ho fatto quest’ultima in maniera tale che se uno di voi l'avesse praticata, essa si sarebbe trasmessa agli altri.” Riconoscevo in queste parole gli insegnamenti di Aristotele e le parole di Christos! “Tutto ciò aveva uno scopo, aggiunse, servirMi, onorarMi, e amarMi, ma anche amarvi l’un l’altro. Io sono la mano invisibile che guida i vostri passi, ma molti di voi hanno voltato le spalle alla Mia Parola.”

    “Sarete giudicati uno a uno quando morirete, ma non sarà sempre così. Infatti, ho concesso alla creatura a cui non ho dato un nome la possibilità di dimostrare la verità delle sue parole, secondo cui il più forte deve dominare il debole. Se ancora una volta un così gran numero di voi si allontana da me, ciò che hai visto nello specchio d’acqua si compirà. Se vi dimenticate di nuovo dell’amore che Io provo per voi e se non mi amaste più, ciò si avvererà. Se la Mia Parola, rivelata da Aristotele e Christos, non sarà più ascoltata, distruggerò il mondo e la vita, poiché non sarà più l’amore a governarli. Allora, fai in modo di non lasciare che la Mia Parola si perda nell’abisso dell’oblio”.

    Ecco perché vi rivelo questo. La virtù deve guidare ogni nostro passo. Ognuno di noi deve trasmetterla al prossimo. Questa è la Parola di Dio. Non vi allontanate dalla saggia guida della sua mano, oppure verrà il giorno in cui il mondo scomparirà e saremo tutti giudicati!”

    In questi ultimi versi ci sono alcune cose che fanno capire a tutti ciò che è giusto e cosa no, vediamole insieme.
    “Vi ho fatti aspiranti alla virtù e ho fatto quest’ultima in maniera tale che se uno di voi l'avesse praticata, essa si sarebbe trasmessa agli altri.” Dio ci rende fautori di giustizia, ovvero ci concede la possibilità di essere giusti, perché se noi saremo giusti potremmo far in modo che altri seguano il nostro esempio e quindi amplieremo la giustizia di Dio.
    “Tutto ciò aveva uno scopo, aggiunse, servirMi, onorarMi, e amarMi, ma anche amarvi l’un l’altro. Io sono la mano invisibile che guida i vostri passi, ma molti di voi hanno voltato le spalle alla Mia Parola.”
    Questa è la dimostrazione di quanto detto prima, noi siamo ora i giudici, prima di noi stessi nelle nostre scelte e poi dei nostri vicini, affinché anche loro possano seguire la via della giustizia, e qui si rincontra anche il concetto espresso all’inizio: Amare Dio, perché amando Lui possiamo amare noi stessi e gli altri.
    “Sarete giudicati uno a uno quando morirete, ma non sarà sempre così. Infatti, ho concesso alla creatura a cui non ho dato un nome la possibilità di dimostrare la verità delle sue parole, secondo cui il più forte deve dominare il debole”
    Purtroppo questa cosa non è ben recepita nei giorni nostri, in quanto si presuppone che il più forte sia nel giusto, ma più che altro per paura di rappresaglie, invece è chi più ama Dio che si trova nel giusto e quindi aiuta il debole per non schiacciarlo, ma cerca di elevarlo affinché anche lui possa fare altrettanto con gli altri.
    “Allora, fai in modo di non lasciare che la Mia Parola si perda nell’abisso dell’oblio””
    Qui vediamo anche la missione che Dio da all’uomo, quella di seguirlo e di portare la Sua Parola a tutti, edificando in questo modo una società giusta governata secondo giustizia.

    Finora abbiamo visto la giustizia divina, che è anche la più grande, ma passiamo ora a vedere in che modo praticare la giustizia, per essere giusti, bisogna vivere nel giusto, e quindi come dobbiamo vivere? Qui ci vengono in aiuto i Profeti, che ci dimostrano come poter vivere nel limite dell’uomo nella giustizia.

    Aristotele, con un astuto dialogo, ci permette di capire meglio quale sia la via del Giusto, ovvero quel precetto che sempre si ripete: Amare Dio.
    “Un giorno, vide uno di essi che si dedicava alla preghiera. Aristotele si ricordò allora della sua ultima conversazione con Epimanos e volle cogliere il contadino in fallo.

    Aristotele: “A chi rivolgete le vostre preghiere, buon uomo?”

    Il contadino: “Beh, agli dei, mio giovane amico.”

    Aristotele: “Agli dei? Ma chi sono?”

    Il contadino: “Sono Afrodite, Apollo, Ares, Artemide, Atena, Demetra, Dioniso, Ade, Era, Ermes, Efesto, Poseidone e il più grande di tutti, Zeus. Hanno tutti dimora nell’Olimpo.”

    Aristotele: “L’Olimpo? Dov’è?”

    Il contadino: “È una città meravigliosa, arroccata sulla cima di un monte che mai nessuno è riuscito a conquistare. Hai presente il monte Athos? Ecco, l’Olimpo è cento o mille volte più alto, una roba del genere.”

    Aristotele: “Ma neanche voi avete mai provato a scalare quella montagna? Non siete curioso di vedere coi vostri stessi occhi le divinità che pregate ogni giorno?”

    Il contadino: “Oh no, figliolo. Non sono che un umile contadino. Il mio posto è qui, non sull’Olimpo.”

    Aristotele: “Ma allora come potete credere nell’esistenza di questi dei, se non l’avete constatata voi stesso?”

    Il contadino: “Perché mi è stato insegnato che esistevano, e che dovevo pregarli perché il mio raccolto fosse migliore e le mie mucche diventassero grasse.”

    Aristotele: “Ecco una cosa ben strana: non pregate per amore del divino ma per appetito terrestre. Io penso, dal canto mio, che è irrazionale cercare il materiale nello spirituale. Ma per la verità, non è la sola cosa che trovo irrazionale in quello che mi dite.”

    Il contadino: “Che cosa mi vuoi rimproverare ancora?”

    Aristotele: “Ebbene, c’è una cosa che non capisco: a che serve allora pregare diversi dei?”

    Il contadino: “Come ti ho già detto, è quello che mi è stato insegnato, che erano diversi, ed è così dalla notte dei tempi.”

    Aristotele: “Ecco una cosa inutilmente complicata. Invece di diverse divinità, non sarebbe più pratico invocarne una sola?”

    Il contadino: “Cominci a infastidirmi, giovane viaggiatore. Ti faccio forse domande, io? Ti chiedo se indossi calzoni o brache? Ora lasciami alla mie meditazioni.”

    Aristotele: “No, no, non lo farò. Devi prima ammettere, buon uomo, che pregare un solo dio sarebbe più logico. Che cosa ci si deve aspettare da un dio, se non che sia onnipotente e onnisciente, che sia uno? Render grazie a diversi dei è come frammentare in tante parti il potere che uno solo potrebbe riunire in lui. Credo che in ogni cosa l’unità sia da preferirsi alla divisione.”

    Il contadino: “Forse.”

    Aristotele: “No, di sicuro. Il divino è un Tutto unico e il divino è la perfezione, quindi la perfezione è unità. L’unità è la forma ideale delle cose.”

    Come noterete, il contadino è una persona umile, che pensa al proprio stomaco e al proprio raccolto, per lui Dio o meglio le divinità, altro non sono che un mezzo affinché lui possa sopravvivere, mentre Dio è uno solo e di certo non è il tramite per il sostentamento, ma è il sostentamento stesso sia del corpo che dell’anima. Ma per il contadino è giusto pregare diversi dei affinché possa ottenere di che sfamarsi mentre per Aristotele non giusto pregare solo per appetito, il contadino non capisce bene le parole e soprattutto il concetto che Aristotele vuole fargli vedere, e continua imperterrito ed anche infastidito a fare quello che ha sempre fatto, perché gli è stato insegnato che è giusto così. Qui si apre un altro dibattito che vedremo dopo. Mentre Christos ci fa vedere dell’altro:

    “Quando gli altri gli chiedevano il perchè, visto il duro lavoro che richiedevano, Christos rispondeva: " Dio ha donato il lavoro agli uomini in modo che ogni giorno possiamo meritarci il titolo di Figli di Dio. Egli ci ha concesso di essere superiori agli animali e di essere gli unici a beneficiare del dono del linguaggio, perchè siamo gli unici in grado di amare senza volere nulla in cambio.”

    Qui vediamo una forma di giusto incommensurabile, quale direte voi, questa: “Dio ha donato il lavoro agli uomini in modo che ogni giorno possiamo meritarci il titolo di Figli di Dio”, qui vediao come sia essere giusti conducendo un onesto lavoro, perché grazie a quello che facciamo rendiamo un bene alla comunità e quindi a noi stessi, questo bene deriva da Dio, ma c’è anche dell’altro sul perché è giusto, vediamolo:

    “il mondo diventa come noi stessi lo rendiamo, perciò dobbiamo lavorarlo con amore e attenzione. Gli uomini sono oggetti, e io vorrei fare di questi oggetti la mia Chiesa.”

    Che frase eh? Il mondo diventa come noi stessi lo rendiamo, ed è proprio quello che Dio ci ha concesso di fare portando la Sua Parola a tutti, è l’attuazione del precetto e della promessa di Dio all’uomo: mai Mi dimentico di chi Mi ama!
    Come vediamo, la giustizia o meglio dire, come essere giusti nasca dall’Amore che l’uomo deve provare nei confronti di Dio.

    L’essere giusti comporta anche un beneficio che per molti è solo una chimera, la felicità, e non lo dico io, ma Christos mentre parla a sua madre Miriam mentre cucina: “"Questo piatto che tu prepari, questi cibi che si mischiano tra loro sono un’immagine delle persone. Poiché noi dobbiamo mescolarci insieme per formare e rilasciare questo profumo di felicità."”

    Ora vediamo di capire come si possa vivere nel giusto portando agli altri il nostro esempio, vi ricordate il contadino? Lui pensava che fosse giusto pregare più divinità perché gli era stato insegnato che era giusto farlo così, non è del tutto sbagliato ma viene sbagliata la forma dell’insegnamento, ovvero, gli è stato insegnato il concetto di giusto ma solo per la concezione che così può mangiare, mentre non gli è stato insegnato il concetto di giusto perché così poteva essere una persona migliore e di conseguenza non solo mangiare, ma anche essere fonte di cibo (spirituale si intende) per gli altri, per chi come me e molti altri che decidono di incamminarsi sulla via della chiesa, questo concetto deve sempre alla base del nostro modo di pensare, noi siamo coloro che cercano di intraprendere una vita nel giusto, con le nostre umane limitazioni, non voglio dire che noi siamo meglio di altri, assolutamente no, ma solo che chi decide di intraprendere una via così ardua deve saper amare Dio in primis, gli uomini e deve cercare di insegnare il concetto di giustizia derivante dall’Amore di Dio, e non quello che deriva dall’essere senza nome, che come ricorderete è quello che il più forte domina il più debole. I membri della chiesa sono coloro che cercano di portare e mantenere viva la Parola di Dio, di portarla alle persone ed alle comunità, tramite la catechesi, il battesimo ed il matrimonio, e di accompagnare le anime con le preghiere quando lasciano questo mondo in attesa del giudizio divino. So già che alcuni diranno che questo non è giusto, noi siamo solo persone normali come tutte le altre, ed è vero, ma io non dico che è giusto seguire alla lettera tutti i precetti della chiesa se non si ha un profondo amore per Dio, un profondo amore per la Giustizia che da Lui deriva, e soprattutto, non siamo solo noi membri della chiesa che deteniamo questo privilegio, perché anche le coppie che si sposano e mantengono la promessa fatta davanti a Dio ed agli uomini hanno la nostra medesima se non maggiore importanza al cospetto di Dio, anche un battezzato che aiuta il prossimo dimostrando l’Amore di Dio verso l’uomo è come noi se non maggiore, idem dicasi per un non battezzato che compie i medesimi gesti, che Ama Dio nel profondo del suo cuore, ma non riesce ad ascoltare quando gli parla, però recepisce il messaggio e lo mette in pratica, solo chi rinnega Dio e si adopera per distruggere l’opera del Suo Amore è al di sotto anche del più insignificante essere, perché questa persona rinnega la giustizia che deriva dall’Amore e si compiace di quella che deriva dalla forza.
    Come ultima cosa, un piccolo promemoria riguardante le due diverse forme di giusto e di giustizia che sono alla base di tutto, quella di Dio e quella dell’essere senza nome, la giustizia che deriva dalla forza si perde con l’età, in quanto basata su un fisico che decade, mentre quella che deriva dall’Amore continua sempre, perché basata su un’anima che non decade assieme al corpo, ma che continua la sua ascesa al Paradiso Solare, in attesa del Giudizio del Creatore.

    Spero di non avervi annoiato, non sarebbe giusto nei vostri confronti, ma spero che non ve la prendiate con me nel caso, altrimenti non sarebbe giusto nei miei.

    Attendo le vostre domande nel caso ve ne fossero.


    poi attese che fosse il turno del magister ma nel frattempo era disposto a rispondere alle domande che eventualmente gli avrebbero fatto
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    Messaggio  Gianlupo Ven Ott 01, 2010 1:55 pm

    Gianlupo si alzò, dopo aver scritto sul suo foglio appunti e commenti,accarezzò la folta barba nera e una volta accostato il volto dell'uomo con il suo nominativo capì.
    Sorrise e prese la parola.


    "Dato che sono qui come auditore e per ovvie ragioni questo tema mi è molto caro, vi ringrazio per gli spunti di riflessione. Ovviamente il nostro concetto di giustizia per molti aspetti si differenzia dal vostro in cui vi è la presenza di un Dio agente e antropomorfo del tutto scisso dal piano terreno, se non ni casi di azione che esercita, che giudica e impartisce ordini, q qui il dualismo ordine e obbedienza si ripresenta, penso alla coincidenza tra legge morale e legge divina, alla discrepanza oggettiva natura/uomo e la trascendenza divina, inutile parlare del piacere verso il castigo e la sofferenza che trovo alquanto distanti dal mio modo di pensare. Ma come ho detto spesso, le differenze le percepisco e non ha senso, a mio parere, evidenziarle. Mi piacerebbe invece soffermarmi su altri punti su cui mi trovo in qualche modo d'accordo. Voi avete detto:
    "noi siamo coloro che cercano di intraprendere una vita nel giusto, con le nostre umane limitazioni, non voglio dire che noi siamo meglio di altri, assolutamente no, ma solo che chi decide di intraprendere una via così ardua deve saper amare Dio in primis, gli uomini e deve cercare di insegnare il concetto di giustizia derivante dall’Amore di Dio, e non quello che deriva dall’essere senza nome, che come ricorderete è quello che il più forte domina il più debole." Inutile dire che vi sono tanti altri passaggi interpretativi che mi hanno stupito.

    Questo aspetto è interessante e ne prendo atto, non siete la prima persona che la ribadisce. Mi sfuggono però tre elementi: quanto conta nella vostra dottrina l'adesione tra azione giusta prescritta e azione giusta effettuata?O meglio quanta distanza vi è tra giustizia divina e giustizia umana? Se vi dovesse essere distanza e non coincidenza cosa succederebbe?

    Altro interrogativo.


    Se Amare Dio, perché amando Lui possiamo amare noi stessi e gli altri,.essenzialmente io non amo me stesso perché non credo nel vostro Dio?
    Ora potreste spiegarmi cosa significa per voi amare se stessi?
    Perché mi sfugge il senso, già capirete che fatico a immaginare un Dio antropomorfo con mani, un giudice.. ect...Se io amo la mia compagna, se amo mia figlia, se difendo la mia comunità in una milizia cittadina non sto amando gli altri e anche me stesso?



    Questa frase
    "Non vi allontanate dalla saggia guida della sua mano, oppure verrà il giorno in cui il mondo scomparirà e saremo tutti giudicati!”

    Al di là della minaccia palese espressa da questo Dio, volevo chiedervi: se il giudizio rimane sul piano futuro, la conduzione di una giustizia terrena nel presente come si concilia?"


    Sorrise e tese la mano.


    "Perdonerete le domande sciocche, ma cerco di sanare contraddizioni sperimentate o ipotetiche. Per concludere devo dire che terrò molte delle vostre parole sui i miei taccuini, ci serviranno per meditare."

    Cenno del capo e si sedette di nuovo attendendo l'admor Vespasiano che non aveva visto dall'inizio del Convegno.





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    dragonenero


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    Messaggio  dragonenero Ven Ott 01, 2010 2:36 pm

    Padre Dragonenero ascoltò gli interrogativi posti e cominciò a parlare:

    Bene, prima cosa, mi permetta di dire che la visione di Dio, antropomorfo, non è giusta, Dio è entità superiore, è pensiero all'origine del mondo, non un qualcuno che giudica puntando il dito ma che giudica tenendo atto dei pensieri parole opere ed azioni, l'immaginario che Dio possa avere forme umane sorge dal fatto che è più comprensibile per la maggior parte delle persone accettare l'idea di Dio come un qualcuno che possa assomigliare a noi. Detto questo, vediamo di rispondere ai vostri interrogativi, voi parlate di discrepanza oggettiva natura/uomo, in cosa consisterebbe questa discrepanza? Non è l'uomo anch'esso parte della natura e ne segue e si adatta alle sue stagioni e bizze? Secondo me si, perchè è impensabile che non ci sia un'affinità fra natura e uomo altrimenti l'uomo sarebbe qualcosa che la natura cerca in ogni modo di sopprimere, proprio come il cerusico cerca di togliere i parassiti dal corpo del malato.
    voi dite inoltre che nelle differenti di visioni di giustizia si esprime questo concetto:
    "il dualismo ordine e obbedienza si ripresenta, penso alla coincidenza tra legge morale e legge divina", la coincidenza tra legge Divina e legge morale è un tutt'uno con il rapporto di ordine ed obbedienza, per meglio spiegare quello che dico, prendiamo la parola religione, deriva da religio, ovvero re ligio, meglio detto anche come ligio al re, fedele al re. partendo da questo concetto noi dobbiamo decidere chi è il nostro re, e chi altro può essere re se non colui che ci ha donato la vita ed a cui noi dobbiamo essere riconoscenti? Quindi noi possiamo definirci religiosi solo quando siamo fedeli al nostro Re, quando rispettiamo la vita che ci ha donato e mettiamo in pratica i Suoi insegnamenti. Per questo non esiste dualismo Ordine - Obbedienza ma solo coincidenza.
    passando ad altro inoltre voi parlate di piacere verso il castigo e la sofferenza, cosa che è assai lontana dal nostro modo di pensare vivere ed operare, quello che si intende per castigo, almeno nella definizione religiosa che l'aristotelismo deve dare consiste in questo: dobbiamo vivere ed adoperarci come persone che seguono la Parola di Dio, il castigo consiste nel rimanere casti nell'idea della giustizia, senza farci fuorviare dalle tentazioni dell'essere senza nome, e non dobbiamo intendere il castigo come qualcosa di malvagio a causa delle nostre colpe.
    Ora passiamo alle vostre domande:
    quanto conta nella vostra dottrina l'adesione tra azione giusta prescritta e azione giusta effettuata?
    O meglio quanta distanza vi è tra giustizia divina e giustizia umana?
    Se vi dovesse essere distanza e non coincidenza cosa succederebbe?

    Riguardo alla prima domanda da voi posta, deve essere un tutt'uno, non si può pensare ad un'azione e poi effettuarne un'altre, soprattutto se questa va in disaccordo con la propria idea. questo risponde anche alla domanda successiva, la giustizia umana deve essere e divenire lo specchio in terra della giustizia divina, perchè altrimenti saremmo noi a non seguire la retta via, e per rispondere all'ultima domanda, se vi dovesse essere distanza succederebbe come all'essere senza nome, saremmo tormentati per il nostro agire finchè non torneremo sulla via che porta alla salvezza, e questa via è la giustizia.

    Ora passo a rispondere alle vostre domande sull'Amore di Dio, voi dite:
    Se Amare Dio, perché amando Lui possiamo amare noi stessi e gli altri,.essenzialmente io non amo me stesso perché non credo nel vostro Dio?
    Ora potreste spiegarmi cosa significa per voi amare se stessi?
    Perché mi sfugge il senso, già capirete che fatico a immaginare un Dio antropomorfo con mani, un giudice.. ect...Se io amo la mia compagna, se amo mia figlia, se difendo la mia comunità in una milizia cittadina non sto amando gli altri e anche me stesso?

    Come detto in precedenza sull'essere religiosi, ed anche sul mio discorso iniziale, chiunque segue ed intraprende la vita delle virtù, che sia battezzato o meno, ama Dio, magari lo chiama con un altro nome ma alla fine è sempre lo stesso, ed è amando Dio che lui ama se stesso e gli altri.
    Amare se stessi significa essere onesti con i propri sentimenti, non giocare con i sentimenti altrui perchè queste situazioni poi ci si possono rivoltare contro, fai agli altri ciò che vorresti fosse fatto a te, questa è la base per l'Amore degli altri che deriva dall'Amore che Dio prova verso l'uomo. Nelle situazioni che descrivete voi,di famiglia comunità ecc.., vi rispondo che si, state amando gli altri ed anche voi stesso, perchè riuscite ad amare voi stesso attraverso l'amore che ritorna a voi dagli altri.

    passando alla vostra ultima interrogazione: "Al di là della minaccia palese espressa da questo Dio, volevo chiedervi: se il giudizio rimane sul piano futuro, la conduzione di una giustizia terrena nel presente come si concilia?"
    Come detto prima, la giustizia terrena deve essere specchio di quella divina, e questa è la conciliazione.


    Finito l'intervento si rimise in attesa di eventuali domande o dell'intervento del magister.
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    Messaggio  Pascal Ven Ott 01, 2010 3:19 pm

    Pensiero:Son proprio vere le voci su Dragonenero. Egli è davvero tra i migliori sulla piazza.
    Sono curioso di sentire anche Onidala. Questi sono come due trottole che continuano a vorticare, senza mai cadere.
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    Messaggio  Gianlupo Ven Ott 01, 2010 6:34 pm

    Sorrise soddisfattissimo e annotò.
    Annuì.


    "Vi ringrazio Padre. Sono soddisfatto, lo dico veramente. Riesco a cogliere elementi comuni, questo mi fa pensare molto.
    So benissimo che per voi legge morale e legge divina coincidano e ovviamente non posso che dissentire, dato che la prima è emanazione finita la seconda infinita, ma le risposte che mi avete dato sono quelle che mi aspettavo e soprattutto non sono qui per individuare le contrapposizioni, dato cl'esistenza delle stesse religioni ne divengono la ragione stessa..
    Avete fugato i miei dubbi, di fatto, sull'etica non avevo dubbi."


    Ridacchia da solo per il gioco di parole.


    " A proposito, perdonatemi. Ultime due domande poi mi ritiro: perché non riesco a trovarlo nella vostra biblioteca, ma mi potrei sbagliare, l'Etica Nicomachea non vi è..perché? E soprattutto,dopo ciò che avete espresso con chiarezza"
    Come detto in precedenza sull'essere religiosi, ed anche sul mio discorso iniziale, chiunque segue ed intraprende la vita delle virtù, che sia battezzato o meno, ama Dio, magari lo chiama con un altro nome ma alla fine è sempre lo stesso, ed è amando Dio che lui ama se stesso e gli altri.
    Amare se stessi significa essere onesti con i propri sentimenti, non giocare con i sentimenti altrui perchè queste situazioni poi ci si possono rivoltare contro, fai agli altri ciò che vorresti fosse fatto a te, questa è la base per l'Amore degli altri che deriva dall'Amore che Dio prova verso l'uomo.Nelle situazioni che descrivete voi,di famiglia comunità ecc.., vi rispondo che si, state amando gli altri ed anche voi stesso, perchè riuscite ad amare voi stesso attraverso l'amore che ritorna a voi dagli altri."
    Sapete mi ricordano le parole che sto scrivendo per una lezione sull'amore e gli affetti, in cui dico "Noi siamo l'effetto degli affetti."

    Ora prendete la mia domanda come ciò che è, un interesse meramente teologico, io voglio capirlo, così come mi avete permesso di capire il resto.
    Se la vostra proposizione fosse vera allora non comprendo dove risiede la mia inferiorità politico-giuridica da molti millantata, potreste spiegarmela?Vi è una proposizione teologica e una politica?
    "


    Lo guardò in attesa di una risposta, sedendosi e prendendo il pennacchio tra le dita.
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    Messaggio  dragonenero Ven Ott 01, 2010 7:24 pm

    Padre Dragonenero ascoltò l'intervento e rispose:

    secondo la vostra domanda: "Se la vostra proposizione fosse vera allora non comprendo dove risiede la mia inferiorità politico-giuridica da molti millantata, potreste spiegarmela?Vi è una proposizione teologica e una politica?"
    Noi siamo qui per la Teologia, e non mi va di parlar di politica, ma visto questo punto è bene ricordare che i trattati stipulati dalle repubbliche con la Chiesa Aristotelica sono un segno della repubblica stessa che vuole seguire la via delle virtù, e per seguire questa via, soprattutto ad alti livelli, parlando del giusto, mi rifaccio al mio discorso su quando è giusto che un re sia supportato da perswone fidate, e se queste persone fidate confidano tutte nelle parole di Dio riportate dalla Chiesa e dai suoi membri, anche il popolo è più propenso a dar fiducia al re ed a ricercare la via delle virtù.
    Vi prego però di terminare qui questo discorso di politica, perchè nonostante sia anche un diplomatico, la mia prima aspirazione è quella della teologia e dell'insegnamento, prima che della pacificazione diplomatica.

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    Messaggio  Eckart Ven Ott 01, 2010 10:15 pm

    Padre Eckart aveva ascoltato con attenzione e silenzio. Rifletteva sui contenuti, e rifletteva sui modi... qualcosa lo stava rammaricando. In altre corcostanze non avrebbe interrotto il dialogo, ma l'assenza del Magister Vespasiano rendeva il suo stato d'animo come monco, come mancante di qualcosa che stava attendendo per un vero confronto. Aveva visto mmolti sinozisti in questi giorni... rifletteva anche su questo. Decise di prendere la parola:

    "Signori, ora vi chiedo buon cuore. Tenterò un approccio, e lo farò direttamente, senza convenzioni, cercando schiettezza, mi perdonerete, prima ancora con me stesso, e poi necessariamente con tutti voi qui. Confesso che il mio compito di moderatore è complesso, anche se devo dire che sono molto soddisfatto di come stanno andando le cose. Molto soddisfatto ma non del tutto soddisfatto. Siccome so di essere tra studiosi della massima finezza intellettuale, così per gli aristotelici, così mi pare fra gli spinozisti, cercherò di essere franco nel puntiglio, sapendo che avrà il suo peso, ma non l'intero peso, sapendo che avrà il peso che merita, e la giusta..." si rallegrò un poco nel pronunciare questa parola... "la GIUSTA misura.
    Ora... fatta questa premessa... chiedo di interrompermi pure ad ogni istante per comtinuare la riflessione sul tema in esame, qualora si presenti il magister Vespasiano. Parto da questo aspetto. Cerchiamo tutti quanti di non sentirci bloccati... ho potuto amabilmente conoscere coloro che non conoscevo, e riprendere la conoscenza dei vecchi amici. So che in campo c'è valore, e so che siamo ad un convegno teologico, cerchiamo dunque di essere meno diplomatici, soprattutto nei silenzi. Chiedo agli aristotelici di intervenire, lo chiedo agli spinozisti. Qui trovo puerile si cerchino dei portavoce. Siamo ad un convegno: tutti possono parlare. Ora... lo chiedo a Pascal, lo chiedo a Padre Tacuma, all'eccellente Onidala, a Padre Morvan, se lo desidera, a tutti coloro che osservano e ascoltano, a tutti loro... coraggio. E coraggio anche alla parte Spinozista; l'Admor Gianlupo è lodevolissimo per i suoi sforzi. Cosa pensa il Marchese Arimanno? Cosa pensa il giovane Giobbe? Cosa pensa lo Tsadik Cherri? L'Admor Amira non ha da aggiungere nulla? E altri ancora?
    Dirò una cosa a cui penso, mi perdonerete se sembrerà una critica, confido pure nell'autorevolezza senile, giacchè questi miei occhi molto hanno visto, e molto conservano dell'ardore giovanile, salvo aver compreso come domar la lingua rispetto all'esagerazione. Questo Convegno fa dei passi nella storia, li fa perchè è il primo nel suo genere, li fa perchè cerca di elaborarsi nel rispetto delle differenze, lezione che forse ho preso proprio dagli spinozisti stessi, lo fa perchè concede libertà e perchè è senza alcun velo, e senza alcun veto... Per questo motivo, il compito che ci poniamo da sempre, in cui speriamo e confidiamo noi che abbiamo organizzato, è volutamente alto, e non si risolve certo con uno scambio di vedute ed un piacevole incontro: altirmenti avremmo potuto continuare amabilmente a sorsi di nocino. Capiamo tutti che qui ci siamo per un altro motivo, un motivo che dovrebbe far tremare i polsi, pur scardinando le vecchie paure, i troppo deboli e assurdi preconcetti. Io ammiro il sorriso degli spinozisti, ma vorrei superare anche questo sorriso. Ammiro la posizione dottrinaria e testuale degli aristotelici, vorrei superare anche questo arroccamento. Cerchiamo amicizia, ma cerchiamola davvero, perchè altrimenti noi non sfioreremo nemmeno il motivo per cui siamo qui: cercare somiglianze, piuttosto che rimarcare differenze. Ora, io non sono un diplomatico, non ho nemmeno, per la Chiesa, tutti i titoli che sarebbero necessari ad un teologo per definirsi e chiamarsi tale, ma so una cosa, una cosa molto salda in me: io sono al servizio di Dio. Perchè credo in ciò, ritengo sia più utile a questo servizio il capire, prima del combattere. Se i toni sono dialettici, non vanno pertanto presi come l'ingenuo tentativo di stabilire un primato, di sancire una superiorità. Non a caso il tema del vero, in queste giornate, è stato posto per ultimo. Ecco cosa desidero... che si faccia qualche passo verso il vero.-- che il vero sia il nostro obiettivo attraverso i ragionamenti che facciamo.

    Dichiaro i miei sbagli e chiedo perdono: come giustamente ha fatto notare l'Admor Nagid, sarebbe stato più utile soffermarci sui metodi, sull'epistemologia, prima di verificare il contenuto delle nostre fedi. Questo è stato un limite, e me ne dispiace.

    Chiarisco, tuttavia, e parlo anche per i miei Padri, se me lo concedono, Padri che hanno dedicato la vita allo studio, se vogliamo... non i soliti nomi... che il desiderio qui è squisitamente di dialogo, e che non ci sono secondi fini: questo non passi; questo non deve passare. I begli usi veneziani forse possono confondere, ma il mio abito non è fatto di seta, così nemmeno quello dei miei fratelli, è un abito incarnato, non una seconda natura.

    Qui sta il giusto per me... a buon intenditor!


    Dunque Padre Eckart osservò tutti, quasi a rassegna, parendo come se leggesse nelle coscienze.
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    Messaggio  donangelito Sab Ott 02, 2010 12:11 am

    Don Angelito, ascolto compiaciuto la relazione da parte del Padre Dragonenero...e si preparò a partecipare più attivamente...
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    Messaggio  Gianlupo Sab Ott 02, 2010 4:02 am

    Ascoltò con attenzione e annuì dispiaciuto per le parole di Dragonero.
    Sospirò.
    Serio e deciso di quel che provava si alzò dopo l'intervento ritenuto giusto di Padre Eckart.


    "Mi permetto solo di dire una cosa Padre Dragonero, la mia domanda non era politica o di pacificazione diplomatica, ma semplicemente e squisitamente teologica. Non mi sarei mai permesso d'intromettermi in questioni relative a trattati o concordati non è nel mio interesse e non mi pare vi fosse nelle mie intenzioni. Saprà però che gli spinozisti sono "giuridicamente-politicamente" ritenuti inferiori proprio da parte dell'entourage ecclesiastico aristotelico, non mi spiego e per questo vi chiedevo come è possibile coniugare quanto da voi espresso con questo tipo di giustizia terrena che per esempio io vivo: onestamente vorrei comprendere. Tutto qui, stavo semplicemente chiedendo quali e dove sono i fondamenti teologici nella relazione da voi espressa, dato che appariva completamente assente nella mia esperienza di vita.
    Vogliate scusarmi se forse non sono stato chiaro e mi sono lasciato fraintendere, ma io qui sono venuto veramente per capire e conoscere; credete che questa domanda io non me la ponga da quando sono divenuto spinozista? Ve la sareste posta anche voi no? Vi prego di non leggere in me provocazioni e secondi fini, perché io sono abituato a parlare apertamente, a esprimere ciò che penso ad alta voce e senza tatticismi o strategie. Io non mi elevo, perché non ho nulla su cui elevarmi....
    Se ritenete questa domanda non opportuna, io la ritirerò non voglio mettervi in difficoltà."



    Poi guardò negli occhi Padre Eckart.

    "Io non sono portavoce.......io parlo per come Nagid...vorrei anche io sentire i miei fratelli e le mie sorelle ricordando loro che questa non è una sfida o un duello, ma l'occasione di comprendere e conoscere."

    Disse facendo spallucce.

    Si sedette e prese il pennacchio per riprendere appunti.
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    Messaggio  Pascal Sab Ott 02, 2010 5:23 am

    Padre, ho sentito il mio nome invocato.
    Mi dispiace ma le parole di Dragonenero mi avevano atterrito.
    Nel senso che hanno destato in me tanto tanto stupore da farmi pensare che tutto sommato, non potessi aggiungere niente.

    Però in fin dei conti, avete ragione voi. In certo qualsenso, voi finite sempre per avere ragione su molte cose...

    Ed allora, ecco...ben prima di tutto questo...io avevo prodotto un...un appunto, ecco:


    Il fine dell'umanità si estingue nella divinità. L'uomo è al servizio di Dio.

    Il Buono è l'aver seguito coscenziosamente la Parola di Dio.
    Il Giusto è l'aver seguito razionalmente il Disegno di Dio.

    Il Buono prescinde dalla devozione; il Giusto dalla logica.

    Laddove il cuore percepisce l'esito delle nostre azioni, bisogna perseguire il Buono.
    Chi dubita, cerchi la via migliore nel Giusto.

    Il cuore è tutto, ma varrebbe ben poco al di fuori del dubbio. Il dubbio, è niente, ma al servizio del cuore, è molto.

    So perfettamente che sto iniziando un discorso del tutto slegato coi precedenti, ma è l'unica cosa su cui mi sento di ragionare.
    Il Giusto qui viene inteso come una parte. Una parte che però può sopravvivere isolata.

    Ci sono uomini che hanno il dono di una Fede, per così dire ingenua. La Fede degli Spinozisti non è forse ingenua? Credono nel Dio come Natura, ma non hanno motivo di spiegare questo. Lo sentono, diciamo, sensibilmente, con una sensibilità che forse è superiore a quella dell'aristotelico.
    Dato che la loro Fede è innata, è a loro concesso sfociare nel dubbio assoluto, ed abbandonarsi ed esso, senza riemergerne.

    Questo non è Giusto...ma magari è Buono.

    A noi è invece dato un cammino diverso. Noi dobbiamo trovare delle "giust"ificazioni. E le troviamo! Perdinci se le troviamo! Il dubbio è un triste compagno, il cilicio mentale dei sacerdoti. Ma in fin dei conti, Dio ci vuole bene. Lo sappiamo. Lo percepiamo. È Bene. Il Dubbio non è la sfida a cui Dio ci sottopone, ma il nostro stesso abito con cui affrontiamo la sfida. La vera sfida è la Tentazione.
    Così, nel dolore, con dolore, dal dolore, nasce la Giustizia.

    La Giustizia nacque dal dolore del assassinio. La costernazione, lo sconforto e la rabbia sublimarono nella ricerca della Causa. E non è Dio la Prima Causa. Vuol dire che è Dio ad aver assassinato? Si, a taluni così potrebbe apparire. È dunque la sua una volontà omicida? No. No. No.
    Sono le Quattro cause le responsabili dell'agire, non la Prima Causa.
    Mi spiegherò meglio: quando un corpo è investito di una carica di moto, di solito segue una traettoria in dipendenza dalla fonte del moto.
    Ma quando Dio, nella Creazione dell'Universo e nell'assegnazione della potenza d'azione, ha investito l'Uomo di potenza di assassinio, all'Uomo sono state date almeno due vie:

    O credere in Dio, e rifiutare ogni atto, tra cui l'assassinio, che possa contraddire la sua volontà, chiara ed esplicata nel Libro delle Virtù
    O non credere in Dio, uccidere e nutrirsi di ogni creatura posta in fronte, ed in fine morire nella vergogna d'aver sprecato questi pochi attimi di carne.

    Ritorniamo alla ricerca della Causa Prima: chi trasferisce le responsabilità del singolo sul gruppo, facendo di tutta l'erba il medesimo fascio, o peggio, su Dio, bestemmiando; egli è una bestia. Il suo dolore è vano.
    Ma chi accetta la realtà e comprende le esatte responsabilità dell'accaduto, egli è portatore di Giustizia. Il suo dolore servirà a lenire e prevenire le sofferenze altrui.
    Dio ha chiamato solo i più forti a farsi portatori di Giustizia: troppo grande è il loro dolore, tanto da spingerli, complice la Tentazione, alla follia.

    Non ho io ora forse ribaltato la situazione? Non appaiono gli spinozisti assai dogmatici, nella loro cieca credenza di un futuro messia? E quanto duttile e ramificato è l'Aristotelismo, nella sua epistemologia delle quattro cause?

    Infine, vorrei dire una cosa a Gianlupo.
    La Luna.
    Dite che il suo fascino porta gioia in noi tutti.

    Io odio la Luna. Il dolore che mi provoca la mia vita notturna, mi dona la forza di destarmi dall'urbano sogno in cui ci illudiamo di poter vivere noi tutti.
    Di giorno, io dormivo beato, ma di Notte è tempo di reagire.

    Per questo, prima si parlò di Bellezza. Perchè mai nessuno cità la Bruttura nelle cose? Perchè dobbiamo solo guardare agli aspetti positivi? Questo non ci rende forse fiacchi e pingui di spirito?
    Per questo motivo, sono assai orgoglioso del mio disprezzo verso la Luna, ma ringrazio costantemente Dio di avermela posta sopra la testa e di svegliarmi la notte e non il giorno, cosicchè da ricordarmi la vacuità della mia posizione, dei miei desideri terreni: di ciò che noi tutti consideriamo bello e desiderabile.

    Non so perchè, ma credo che tutto questo, in un certo senso si ricolleghi alla Giustizia.
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    Messaggio  dragonenero Sab Ott 02, 2010 10:14 am

    Padre Dragonenero riprese la parola:

    vi ringrazio per gli interventi, ma per esser giusto devo ancora dire qualche parola, come detto in precedenza, il motivo del disconoscimento del potere giudirico-politico degli spinozisti deriva dal fatto che ogni governo, se composto da aristotelici per guidare aristotelici è di maggior efficacia in qunato attrarrà maggior attenzione e stima da parte del popolo, ma se al governo ci fossero spinozisti che guidano aristotelici nascerebbero delle rivoluzioni, in quanto non attirerebbero la fiducia del popolo ma al contrario la loro diffidenza, solo per questo state vivendo questa sorta di ignorantismo politico giurisdizionale, mi spiace che ci siano stati dei fraintendimenti ma spero di aver risposto ugualmente.

    per quel che riguarda l'intervento di Pascal, ho alcune obiezioni da muovere al suo ragionamento per esempio in questo punto: "La Giustizia nacque dal dolore del assassinio. La costernazione, lo sconforto e la rabbia sublimarono nella ricerca della Causa. "
    La giustizia non nasce dal dolore, quello nasce dalla perdita e dalla rabbia, la giustizia invece nasce dall'amore, dal desiderio di verità e purezza che è insito all'interno del cuore dell'uomo, quando si parla di Dio come Prima Causa, non lo si vuole intendere come un qualcosa a cui addossare le colpe, come giustamente hai detto, però Dio non ha mai "investito l'Uomo di potenza di assassinio", questa nasce dalle tentazioni e dai tranelli che mirano all'orgoglio dell'uomo fatti dall'essere senza nome, non dimentichiamoci mai che esso c'è e si adopera sempre per sovvertire l'ordine delle cose, Dio ci ha indicato la strada delle virtù, l'essere senza nome quella dell'assassinio.
    Passando alle ultime domande che avete fatto, con ragione, vi rispondo subito: "Perchè mai nessuno cità la Bruttura nelle cose? Perchè dobbiamo solo guardare agli aspetti positivi? Questo non ci rende forse fiacchi e pingui di spirito?"
    Perchè parlare del non bello, serve per spiegare la bellezza del creato, in quanto la bellezza del creato è visibile ad occhio nudo, mentre la "bruttezza" è visibile solo all'occhio attento, ed è quando si vede l'opera dell'essere senza nome, che cerca di sovvertire la bellezza e l'opera del creatore, in quanto alla luna, essa è bella vista da qua, perchè rischiara le notti e ci permette di vedere come si muove l'essere senza nome, ma allo stesso tempo è anche brutta, in quanto ci intristisce perchè anche da questa distanza, ci fa intuire la sorte di chi si allontana da Dio, che non potrà mai più risplendere assieme al creato.


    Finito l'intervento attese altre domande o altri interventi
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    Messaggio  Fenice Maria Helena Aslan Sab Ott 02, 2010 10:16 am

    Con un profondo sospiro, Fenice si alzò e si avvicinò alla cattedra.
    Un lieve rossore le imporporava le guance, ma nei suoi occhi brillava una luce che avrebbe potuto sembrare battagliera... e il suo passo era fermo, non esitante. Si guardò lentamente intorno e sembrò cercare una parola per iniziare... poi sorrise e il discorso fluì, spontaneo e scorrevole.


    Chiedo la parola... spero mi sia concesso di intervenire anche se non sono un teologo né un esponente della Chiesa aristotelica né un magister in filosofia.
    Ho ascoltato con profonda attenzione quanto è stato detto da parte di tutti. Devo dire che l'esercizio dell'eloquenza e della dialettica cui abbiamo assistito è molto avvincente... e tuttavia mi lascia perplessa una cosa, e alcune altre cose mi impensieriscono.
    Tacque un momento e sospirò nuovamente. Da semplice persona che sente e pensa e vive - e che crede, non dimentichiamoci di questo - io mi preoccupo quando sento alte disquisizioni teologiche come queste, perdonatemi, ma è così. L'interpretazione delle Scritture, la glossa alle Scritture, il dibattito sulle Cause Prime, sulla Personificazione o meno della divinità, sull'Immanente... come direbbero i francesi, tout ça c'est bel et bon, ma io mi chiedo, e devo chiedermi, e invito tutti voi a chiedervi con me, tutto questo, dicevo, come si riflette nella mia vita personale? Perché alla fine è questo che conta.
    Certo, se io avessi scelto per la mia vita un ruolo da teologo o da filosofo, ciò si rifletterebbe in essa con l'esercizio dello studio, del commento, della predicazione, della discussione, e non sarebbero cose da poco... ma nella pratica? Nasce forse la Scrittura, e prima ancora di essa, la Parola, come esercizio della mente e della speculazione? Io credo di no. Io credo che la Parola - e la fede - nascano e debbano agire nella nostra vita attraverso le nostre azioni e le nostre convinzioni, debbano avere una ripercussione reale, concreta, debbano esserci guida nell'azione di ogni giorno, di ogni momento.


    Si interruppe un attimo e si guardò intorno, scorgendo alcuni sguardi sorpresi, altri con un'ombra di disapprovazione, qualcuno forse oscurato da una tentazione sarcastica.

    Io credo che prima di tutto debba contare ciò che nelle mie azioni è Giusto perché guidato dal pensiero del bene degli altri e dalla convinzione che non possa esistere il mio bene a discapito di quello altrui. E se qualcuno in questo istante pensa che la mia sia un'ingenuità, poiché non esiste modo di sapere ciò che realmente è buono per gli altri, e forse nemmeno per se stessi, io rispondo che nei limiti del mio umanissimo buonsenso, in realtà posso saperlo bene. Non può essere buono - quindi nemmeno giusto - il mio prevaricare gli altri, l'arricchirmi alle loro spalle con mezzi poco leciti, il tramare per scavalcarli, la menzogna, la falsità, l'accusa immotivata, l'intimidazione... ma nemmeno l'indifferenza, la manipolazione, l'egoismo, la mancanza di responsabilità nelle azioni e nei pensieri. Come vedete, non cito sillogismi né mi rifaccio a passi precisi della Scrittura. Parlo della vita reale, del rapporto con gli altri, anche del modo di considerare la fede degli altri e il loro modo di vivere. Ci portano forse a qualcosa le disquisizioni teologiche, anche elevatissime come quelle che qui si stanno svolgendo? Perdonatemi, potete tranquillamente considerarmi sconsiderata e arrogante: no.
    Mi piacerebbe sentire conciliazione nei discorsi, non asserzioni di principio di apertura seguite da ardimentose contrapposizioni filosofiche. Queste non centrano il cuore dei significati e non provocano cambiamento... perché è di questo che abbiamo bisogno. Cambiamento. Cambiamento nel nostro modo di vivere e nel nostro modo di guardare e ascoltare gli altri, anzi, l'Altro, sia egli spinozista, aristotelico, straniero, amico, parente, amico, sconosciuto, avversario, estraneo... l'Altro che in ogni istante abbiamo di fronte e verso il quale non siamo capaci di sentirci responsabili.
    Finché non saremo capaci di accogliere così nel nostro cuore e nella nostra mente il messaggio reale della fede - che è, prima di tutto, messaggio etico - esso resterà vuoto esercizio di compiacimento, e nella mia pochezza umana oso dire, spiacerà a Dio.


    Detto questo, Fenice si interruppe con sforzo, imponendosi in modo evidente di finire il discorso, e dopo aver lanciato un ultimo sguardo circolare al consesso che aveva di fronte, fece un cenno col capo e si allontanò dalla cattedra tornando al suo posto.
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    Messaggio  dragonenero Sab Ott 02, 2010 11:16 am

    Padre Dragonenero attese che la dama si fosse accomodata e poi ricominciò a parlare:

    Vi ringrazio per il vostro intervento e la vostra franchezza, in effetti il rischio che si corre è che non si arrivi a nulla, ma è appunto per questo che disquisiamo, per cercare di arrivare a qualcosa, inoltre voi dite una cosa giusta "Non può essere buono - quindi nemmeno giusto - il mio prevaricare gli altri, l'arricchirmi alle loro spalle con mezzi poco leciti, il tramare per scavalcarli, la menzogna, la falsità, l'accusa immotivata, l'intimidazione... ma nemmeno l'indifferenza, la manipolazione, l'egoismo, la mancanza di responsabilità nelle azioni e nei pensieri." Perchè questa non è giustizia, ma non sempre come abbiamo detto il buono equivale al giusto, è giusto comportarsi bene perchè così rispettiamo noi e gli altri, e questo è il punto di base che ci accomuna, ma appunto partendo da questo stiamo cercando di capire anche come si possano evolvere le situazioni di discrepanza ideologica, fra i vari credo che ci sono all'interno dell'impero e del regno delle 2 sicilie, perchè l'incontro va bene, lo scontro no.


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    Messaggio  Pascal Sab Ott 02, 2010 12:30 pm

    Ma se la Giustizia nascesse dall'amore, non ci troveremmo nella situazione perniciosa dell'Amore per l'Inflizione?
    Ciò che io chiamai Amor d'Odio. Un sentimento estremamente pericoloso.

    Ovvero, bisogna stare attenti. Se io amo la Giustizia in senso lato, allora non amerò il fare Giustizia in sé, ma la Giustizia che è stata fatta.
    Ma se io amo il fare Giustizia, questa non è una oscura passione? Presuppone che io apprezzi le condizioni in cui si possa fare Giustizia.

    Ovvero, all'atto pratico, che apprezzi il fatto che ci siano molti eretici estremi, così da gloriarsene alla loro conversione, o peggio alla loro eliminazioni.

    Ma se la Giustizia nasce dal dolore pratico, essa sarà il rimpianto di una situazione di partenza, e non l'amore per una possibile situazione futura.
    Questa prospettiva mi sembra più imparziale.

    Però poi il pensiero si articola, alla luce di ciò che sto per dire.
    Le condizioni d'esistenza dell'Universo portano delle necessità, degli obblighi. Non solo questa tesi è avvalorata dalle Scritture, ma è anche dimostrabile scientificamente.
    Dio poteva scegliere se creare una creatura, perfetta in tutto, bisognosa di nulla. Ma sarebbe stata una ennesima Teogonia. E ciò sarebbe stato possibile, poichè Dio tutto può, ma non reale, poiché non razionale. Non razionale in quanto, al contempo, Dio è unico.
    Quindi l'atto creativo ha presupposto l'imperfezione. Dall'imperfezione, il bisogno. Dal bisogno, l'assassinio. L'uomo è in potenza di assassinio: egli può nutrsi della carne del bove, cosiccome di quella del frate.
    Ed allora Dio mostra la via: che senso ha uccidere il frate, laddove il Male minore è uccidere il bove?
    L'inerzia, è Male, ma la Tentazione di operare una scelta più frettolosa e scellerata, ovvero l'uccidere il frate, è peggio del Male stesso, che di per sè ha valore meramente descrittivo.

    Insomma, continuo a sostenere che la Giustizia si palesa non nei fatti compiuti, che possono essere Bene o Male, e ciò li descriverebbe e basta, ma nei modi in cui essi si compiono. E poichè l'analisi del "modus" è compiuta per vie razionali, sicché non avrebbe ragione d'esistere "modalità" laddove non vi è ricerca e scienza, la Giutizia è un esercizio di razionalità.

    Una risposta per Madama Fenice.

    Non mi reputo una persona aperta. Penso di aver precisato bene le mie vedute di pensiero, e l'aggettivo che può descriverle è "criptiche".
    Noi non si è certo statisti. Noi si fa morale, non politica.
    Farò un esempio.
    Alla mia terra vigeva una Legge molto brutta. Essa decretava che un brigante non era riconosciuto processabile, prima che, pur avendo commesso uno o più atti, non veniva catturato o avvistato una seconda volta da dei "cacciatori", o da miliziani, o da fortuiti passeggeri.
    Questo andava contro la mia morale. Perchè o vi è il reato, e nelle condizioni di processare si processa, o il reato non sussiste, e non si processa. Poichè il reato sussisteva, non aveva senso non processare.
    Sessanta giorni.
    Dopo sessanta giorni di prediche diverse, riuscii a fare abrogare tale legge.
    Mi si chiese allora, come avrei sostituito questa Legge. Ma toccava a me dare risposta? Non sono uno statista. Esistono persone che hanno questi precisi compiti, e non mi pare di essermi mai candidato per sostituire queste persone.
    Noi non si farà mai davvero vere Rivoluzioni. Poichè le Rivoluzioni, tutto sommato, nono sono altro che la leggittimazione di un potere temporale che è in tutto simile al precedente, meno che nei colori.

    Le mie parole di certo non convertiranno Gianlupo. Dobbiamo quindi dire che tutto questo è inutile?
    Io davvero non ho interesse ad essere apprezzato o approvato dagli spinozisti, e tutto sommato, nemmeno da Eckart, o Onidala o Dragonenero o chi altri.
    E non credo che nemmeno Gianlupo ed i nostri Padri abbiano questi presupposti.
    Non c'è davvero necessità d'uniformità, a mio avviso. C'è necessità di dialogo. Dialogo che può perfettamente diventare scontro.
    Partendo dalle giuste premesse, non vedo come questo Convegno non possa produrre i suoi frutti.
    Solo gli stupidi, sottolineo, gli stupidi, possono convincersi che chi non approva il proprio pensiero sia da tenere lontano.
    Non vi era forse molto rispetto tra i pugili dell'Antica Grecia? Ma questo non perchè si andava a bracciatto per i colonnati, ma perchè in fin dei conti essi sapevano che il loro destino era comune: cazzotti, dolore e sangue.
    E pure nella rivalità, non vi è in fondo un comune senso d'appartenenza?
    Basterebbe che due uomini si guardino, capiscono che ad accomunarli è l'unica certezza della loro vità, ovvero che prima o poi moriranno entrambi, a farli abbracciare come agnellini.
    Il vero nemico, lo dico io, è l'assenza di Dio, la presunzione d'immortalità e di strapotere, che poi sfocia nel malcostume dei depravati.
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    Messaggio  onidala Sab Ott 02, 2010 12:59 pm

    “Padre Onidala, padre Onidala”
    Il giovane monaco girava per l’accademia cercando Onidala che, dopo l’intervento dell’Admor Gianlupo, ed in attesa della risposta di fratel Dragonenero, si era allontanato dall’aula, come sempre curioso di cose nuove, per visitare l’accademia ed ammirarne la pregevole fattura.
    Certo il monaco rimase un po’ sorpreso nel trovarlo in cortile, steso per terra dietro la legnaia, e per un momento si preoccupò che avesse avuto un malore, ma appena si avvicinò chiamandolo lo sentì mormorare
    “ssshh, fate piano fratello, venite a vedere”; il giovane monaco si avvicinò cautamente e vide, dietro la catasta di legna, ciò che stava così tanto interessando Onidala, una gatta aveva fatto lì il rifugio per lei ed i suoi quattro gattini, nati da poco.
    Onidala li mostrò orgoglioso al giovane monaco, quasi li avesse fatti lui,
    “guarda” e allungò la mano, la gatta, evidentemente usa all’uomo, si lasciò accarezzare ed iniziò a fare le fusa, mentre i gattini, a tentoni si muovevano intorno a lei in cerca dei capezzoli da cui succhiare il latte e lei amorevolmente li leccava. “Non è meraviglioso?” disse Onidala “come l’amore possa manifestarsi anche dove non vi è conoscenza?” “si padre, ma veramente ero venuto ad avvisavi che i lavori in aula stanno continuando, dovreste venire” “hai ragione figliolo, andiamo, ma tu dici che poi in cucina potranno darci qualcosa per questa gatta? Avrà fame”, il giovane monaco, più che altro preoccupato di riportare il frate in aula cercò di tranquillizzarlo, “ci penso io padre, vi accompagno e poi vado in cucina a prendere del cibo”.
    Tranquillizzato Onidala entrò nell’aula, e dopo l’intervento di Eckart, incrociò poi il suo sguardo indagatore e pensò, “anche qui fanno il nocino, non lo avrei mai detto”, ma capì che era giunto il tempo di parlare, anche se da parte sua preferiva ascoltare, seguì con interesse gli interventi di Pascal, quelli di fratello Dragonenero e quello di Madama Fenice Maria Helena Aslan, terminato che ebbero, e visto che nessun altro prendeva la parola, si alzò, si schiarì la voce ed iniziò
    “Eccellentissimi fratelli in Aristotele e Christos, Eccellentissimi rappresentanti della fede Spinozista, Illustri Messeri e Madame
    Per chi non mi conosce io sono Onidala, monaco cistercense, e solo come tale sono presente e vorrei essere considerato, infatti non sono venuto qui per tenere lezioni ma, conscio dell’immensità del mio non sapere, per imparare.
    Io credo fratelli miei, che l’occasione dataci da fratello Eckart, sia unica in questi tempi di accadimenti spesso drammatici, e che la religione rappresenti un’ancora per la salvezza dell’uomo, pur nelle sue diversità e sfaccettature.
    Molto serenamente vi debbo dire, fratelli miei in Christos, di aver spesso ammirato il comportamento di molti Spinozisti, soprattutto nel rapporto fra il singolo e la propria fede, non vi nego che amerei sognare nei nostri fedeli altrettanta adesione a quegli ideali di virtù che sono il messaggio dei nostri Profeti.
    Oggi, ripeto, io sono qui per imparare, per conoscere, perché la prima base di ogni rapporto è la reciproca conoscenza, ognuno di noi, nella propria fede, vede il giusto e cercherà sempre, ingenuamente ma giustamente, di far prevalere la propria su quella degli altri, e nell’interno della stessa fede di far prevalere le proprie convinzioni.
    Questo incontro io lo vedo, ma non vorrei equivocare e chiedo a fratello Eckart che ne è il promotore, non come una disputa teologica tra Aristotelici e Spinozisti ma come un incontro fra rappresentanti di fede, che deve ispirarsi all’atteggiamento del “Giusto” , alla ‘anavàh, all’umiltà, il fiore dei Santi.
    Sarò quindi lieto di ascoltare gli Admor qui presenti e chiedo anticipatamente venia se la mia curiosità mi spingerà a porre domande, che saranno sempre però fatte ai fini di conoscenza e non per imporre le mie verità, dal mio canto, per quel che posso, cercherò di illustrare il mio credo e mio modo di sentire l’amore ispirato da Dio. Dico il mio modo non per piaggeria o perché ritenga sia il migliore, ma perché è quello che conosco meglio, del resto ci sono molti modi di ispirarsi a Dio, ad esempio questo me lo ha spiegato un discepolo di una confraternita averroista che si ispira ai principi di povertà ‘ darwīsh’, che in questo modo entrano in contatto mistico con Dio.”

    Ciò detto Onidala si recò in mezzo all’aula e, fra l’imbarazzo generale, si portò le mani incrociate al petto ed iniziò a girare su se stesso, poi schiuse lentamente le braccia, le aprì completamento, portando la destra in alto col palmo rivolto al cielo e la sinistra in basso rivolta alla terra, e sempre continuando a ruotare come una trottola. Dopo poco iniziò a sentirsi rintronato e fra se e se pensò “io, però, preferisco il nocino”.
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    Messaggio  Gianlupo Sab Ott 02, 2010 6:08 pm

    Ascoltò assorto gli interventi di Pascal, Dragonero e poi di Fenice, il cui discorso lo aveva colpito per la schiettezza e organizzazione del discorso.

    Attento, tra sorrisi e appunti freneticamente tracciati.
    Respirò a fondo.
    La mano a sostenere il mento e pensava.
    Bisogno di meditare e riorganizzare.
    Continuava ad esser soddisfatto poiché tracce di condivisione aveva individuato, nonostante le evidenti contraddizioni o contrapposizioni del tutto ovvie. In cuor suo, però, risuonava eco di affinità, forse lo sapeva già e quel convegno doveva esserne la riprova.

    Un cenno di saluto a Onidala e a tutti poi per poco , questa volta, aprì bocca.


    "Vi ho ascoltati e vi ringrazio vivamente per i chiarimenti forniti.Per gli interventi puntuali. Forse tra le mille domande e le mille risposte ho perso di vista quella sull'Etica Nicomachea e della sua assenza o presenza nelle vostre biblioteche di tale volume. Per il resto, dato che conosco Pascal, vorrei rispondere al suo quesito:
    Ma toccava a me dare risposta?
    io da spinozista vi risponderei di sì: al di là dei ruoli che ricoprite, se vi esponete e vi fate carico di una responsabilità etica, toccava anche a voi dare risposte, magari non esaustive, magari non totalizzanti, ma quanto meno fornire un aiuto. Se credo che sia ingiusto tagliare un'intera foresta per riscaldare una sola famiglia emi batto perché quella famiglia non crei uno squilibrio naturale, dovrò provvedere a salvaguardare quella foresta perché non sia perennemente sotto l'attacco di un'etica sbagliata condotta da altre persone. la giustizia spinozista di fonda su ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, il giusto e lo sbagliato come idee naturali devono coincidere con l'azione pratica, da qui il mio dubbio precedente. Questo mi sentivo di esprimere."



    Ritornò a sedere, provato, ma contento di quegli incontri.


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