[1] Carissimi Sacerdoti e fedeli, fratelli e sorelle nel Signore,
Sto cercando di scrivere questa lettera sulla parola di Dio e subito mi trovo pieno di dubbi e ripensamenti. Ho davanti a me i numerosi messaggi che avete inviato. Sono tanti, troppi, per riuscire a fonderli e a riassumerli in unità.
Sento, quanto più mi addentro nell'argomento, che la parola di Dio è qualcosa che ci supera da ogni parte, che ci avvolge e che quindi ci sfugge, se tentiamo di afferrarla. Noi siamo nella parola di Dio, essa ci spiega e ci fa esistere. Come potremmo noi parlarne, farne oggetto della nostra riflessione, addirittura farla entrare in un progetto pastorale?
E' stata la Parola per prima a rompere il silenzio, a dire il nostro nome, a dare un progetto alla nostra vita.
E' in questa parola che il nascere e il morire, l'amare e il donarsi, il lavoro e la società hanno un senso ultimo e una speranza.
E' grazie a questa Parola che io sono qui e tento di esprimermi.
Intuisco che sto per parlare di qualcosa che è come una spada a doppio taglio, che mi penetra dentro fino al punto di divisione dell'anima e dello spirito, che scruta i sentimenti e i pensieri del mio cuore.
Vorrei che tutti coloro che leggono partecipassero al senso di timore, che mi invade in questo momento, e si mettessero spiritualmente in ginocchio con me per adorare con commozione e gioia il mistero di un Dio che ci parla attraverso i suoi profeti ed il libro delle Virtù. E' soltanto in questo atteggiamento di adorazione e di obbedienza profonda alla Parola che sento di poter dire qualcosa, con la coscienza di balbettare poco e male su un mistero tremendo e affascinante.
Mi accosto a questo mistero anche in atteggiamento di speranza. Il contatto vivo con questa Parola che, pur dimorando nell'intimo del nostro cuore, ci oltrepassa e ci attrae con sé verso un'immagine sempre più nuova e più pura di vita umana, produrrà certamente un benefico rinnovamento dei nostri modi di pensare, di parlare, di comunicare tra noi.
Penso al linguaggio che usiamo noi credenti nella preghiera, nella predicazione, nelle varie forme di comunicazione della fede: è talora ripetitivo, convenzionale, senza vivacità e senza mordente. Un incontro più intenso con la parola di Dio potrà ridargli chiarezza e incisività.
Ma penso anche a vari linguaggi che si intrecciano lungo le strade, nelle case, nei luoghi di incontro, di lavoro, di studio, nei mezzi di comunicazione sociale, insomma in ogni ambito di convivenza civile di questa vivacissima, ma anche convulsa e problematica città di Siena, con tutto il suo vasto e vario circondario geografico e sociale. Non sentiamo forse tutti quanti l'esigenza di scoprire ciò che ci unisce al di là delle divisioni; di ritrovare in una comune tradizione la spinta verso il futuro; di ricondurre i diversi e spesso contrastanti progetti di vita umana a un'immagine di uomo, che non mortifichi nulla di ciò che è bello, buono, onesto, che sia così ampia e di così vasto respiro da accogliere con rispetto anche il più piccolo contributo al vero progresso dell'uomo?
La Parola che Dio ci ha donato, che ha suscitato forme sempre nuove di vita umana, che ha alimentato per anni la tradizione senese può aiutarci a ritrovare valori comuni e creativi.
Per questo oso offrire queste pagine non solo ai credenti, ma anche a quei fratelli e a quelle sorelle che, per vari motivi, non si sentono di condividere la vita della comunità aristotelica. Le offro come un dono e insieme come una sfida; come una promessa e insieme come un impegno.
Ci sono nella parola di Dio tanti spunti che parlano immediatamente all'uomo, trovano direttamente la via del cuore e generano una coraggiosa volontà di servire l'uomo. Accogliere questi spunti significa lavorare per il vero bene dei fratelli.
[2] L'infinità del mistero, che indichiamo con il termine "parola di Dio", impone alla presente esposizione limiti insuperabili.
Altri limiti derivano dalla natura propria di questa lettera, che solo impropriamente può essere detta un "piano pastorale". Infatti con tale nome si designa piuttosto una visione d'insieme dell'attività diocesana con l'indicazione di strumenti atti a stimolare e coordinare l'azione di tutti. Tale piano ha carattere stabile, pur essendo in continua crescita e adattamento, e vuol tener conto di tutte le realtà esistenti sulla base delle tradizioni pastorali genuine e riconosciute. Appartengono ad esso scelte fondamentali della nostra Diocesi come la sua unità articolata nelle diverse zone pastorali con a capo l’Arcivescovo, il Vicario Episcopale, i Vescovi, i Sacerdoti, i Diaconi, il Consiglio Pastorale, i fedeli, ecc.
Tuttavia è chiaro che il programma proposto dal Vescovo di Grosseto Monsignor Dragonenero tocca un punto nevralgico della pastorale ed esprime una delle preoccupazioni fondamentali che portano oggi le diocesi a elaborare progressivamente un loro disegno pastorale: cioè che "la parola di Dio compia la sua corsa e sia glorificata" e il tesoro della rivelazione, affidato alla Chiesa, riempia sempre più il cuore degli uomini.
La presente lettera vuole dunque unicamente sottolineare alcuni punti che servono alla comunità per rendere sempre più esplicito e vissuto quel primato della parola di Dio, che è fondamento e radice di ogni attività della Chiesa, e per inquadrare l'impegno pastorale nel cammino della nostra Chiesa Senese nel cammino della Chiesa Italofona.
[3] Per dare chiarezza possiamo riferirci a questa frase del secondo profeta.
"Amici miei, " ci disse, " non sbagliate! Coloro che non vivono nell’amicizia come Aristotele ci ha insegnato bruceranno nelle fiamme di Geenna.
Coloro che cedono alle tentazioni del peccato, coloro che non conoscono la virtù, questi finiranno nella sofferenza e nella solitudine dell’inferno.
Coloro che cedono alla mielosa voce del peccato, che sono attratti dai suoi discorsi, saranno condotti nelle tenebre.
Coloro che, infine, respingono l’amore di Dio e degli esseri umani, chi cerca rifugio solamente nel proprio egoismo, finirà nell'abisso infernale.
Spiccano in essa tre momenti.
Il momento finale è il riconoscimento che conduce alla riaggregazione alla comunità aristotelica.
Questo momento, però, è preceduto e preparato da un momento quasi di minaccia. Non cedete alle tentazioni del male, che spesso si presenta sotto forme accattivanti, in forme od in parole melliflue, ma che portano contro i principi della fede.
E' la prima esortazione alla comunità aristotelica, essa allude alla povertà e alla solitudine dell'uomo che si fa più evidente nell'oscurità del mondo. Essa chiede che il colloquio di speranza si prolunghi, che la presenza contemplativa dei discepoli col Signore non si interrompa.
A sua volta però questo momento contemplativo scaturisce dall'annuncio della Parola. Quando i fedeli parlano della loro speranza circa la Chiesa, pensano certo ad una salvezza misurata dai loro desideri più immediati: "noi speravamo che fosse la Chiesa a liberare Siena". La Chiesa, che essi attendevano, corrispondeva ai progetti degli uomini, alle loro speranze politiche immediate, non agli insondabili pensieri di Dio.
Christos introduce i discepoli nel senso della vita sociale. La nuova, definitiva parola di Christos fa vibrare le antiche parole e segna un progressivo avvicinamento ai progetti di Dio.
Logion 2: I discepoli dissero a Christos: "Maestro, questi emarginati non ci portano nulla, ed Aristotele ci mette in guardia contro quelli che fuggono la città!"
Christos rispose loro:" "Discepoli! Vivete per gli altri anziché attendere che gli altri che vivano per voi. Spetta alla città accogliere gli emarginati, e non agli emarginati aiutare la città.“
[4] Il cammino che deve percorrere la nostra Chiesa senese in questi giorni.
Un momento qualificante di questo cammino è costituito dal sinodo, ove si cerca di riprendere quel filo d’unione fra chiesa e fedeli e gettare le basi per il popolo aristotelico. I temi del Sinodo sono incentrati sui problemi della comunità e della missione della chiesa, e vuole rappresentare un carattere non occasionale e non marginale nel ritmo della nostra vita ecclesiale. Esso non deve rappresentare un evento che quasi ci distoglie dalla gioiosa fatica quotidiana di essere Chiesa del Signore, popolo missionario che coinvolge l'uomo di oggi in una responsabile adesione al progetto di Dio. Il Sinodo, invitandoci a riflettere sulla costitutiva dipendenza della comunità aristotelica e della sua missione, sarà una provvidenziale occasione per riscoprire, verificare, rinnovare la vita delle nostre comunità, le loro iniziative pastorali, il loro impegno missionario.
A questa riscoperta della comunità, stretta attorno al Signore abbiamo chiesto al Signore di restare con noi per farci scoprire la dimensione contemplativa della vita, per insegnarci il gusto della preghiera silenziosa, per rivelarci l'atteggiamento di filiale abbandono al Padre che deve accompagnare e animare interiormente la nostra esistenza nella Chiesa aristotelica fondata da Christos e normata dalla Gerarchie ecclesiali.
[5] All'interno di questa tappa del nostro cammino, Monsignor Dragonenero, ha ritenuto opportuno esortare un tavolo di discussione tra coloro abitano in questa terre, proposta che ha suscitato nei più sentimenti contrastanti, di speranza ma anche di paura o diffidenza, non solo per i rapporti umani, ma per il dubbio della sua effettiva valenza.
Su questo posso darvi il mio umile contributo.
Il tavolo senese, anche se si farà, non potrà avere effetti sulla scomunica, non è competenza nostra togliere la scomunica, al più potrà essere uno spunto da portare, come elemento costruttivo o deterrente a chi avrà il compito di decidere.
Logion 6: Ma Christos ci mise in guardia:
"La ragione, senza l'approvazione del cuore, è come una conchiglia vuota. L'essenziale è altrove, e Dio supera i contrasti delle parti.”In questo senso, riprendendo le parole del Profeta, io mi domando, e chiedo a voi fratelli miei di questa Diocesi, con che animo potremmo mai accogliere un intervento superiore senza che la comunità dei fedeli abbia provato liberamente a percorrere una strada verso l’apertura all’emarginato e l’abbia trovata aperta o sbarrata?
Nel vostro cuore, e nei vostri pensieri, accettereste di abbracciare il vostro nemico solo perché vi venisse comunicato che la scomunica è stata tolta?
Io non credo, con Christos io dico
Logion 21: "Diffidate delle credenze deviate, amici miei... poiché gli eretici sono come le formiche, ritornano sempre."Ed è pertanto che ritengo utile un incontro di dialogo, perché, come sempre ho detto, la Chiesa è l’insieme dei fedeli e dei sacerdoti, e non c’è credente se non c’è accettazione dei principi che regolano la nostra fede.
Come ci sembra difficile essere aristotelici, come sopportare questa distanza schiacciante tra la parola del Libro delle Virtù, che ci sembra portare in sé tutta la speranza del mondo, e questa realtà nella quale ci ritroviamo con un senso di tanta mediocrità"? Il cammino della Parola nei nostri cuori è lento e faticoso, e questa nostra terra sente in tante sue difficoltà lo scarto tra Virtù e vita.
Sarebbe molto desiderabile che portassimo con noi l'abitudine a un pò di "lectio divina" quotidiana: quanto infatti noi oggi ci proponiamo si avvale di regole codificate da una lunga esperienza, che risale ai primi tempi della Chiesa ed è stata specialmente coltivata nella tradizione monastica.
Se mi si dovesse chiedere, al termine di questa lettera, quali indicazioni pratiche ritengo maggiormente importanti ai fini dell'assimilazione del messaggio qui proposto, non avrei esitazione a indicare tre punti: Il messaggio in Chiesa, le scuole della Parola, la lettura dei libri delle Virtù ".
1. Il messaggio in Chiesa. Se ogni prete dedicherà una attenzione speciale alla preparazione del messaggio in Chiesa, prevedendo attentamente i testi, tutti i fedeli saranno stimolati a seguire le ricchezze della Parola proclamata nella liturgia.
2. Le "Scuole della Parola". Sono riunioni di fedeli parrocchiali, in cui si insegna come leggere un testo aristotelico per gustarlo nella preghiera e applicarlo alla propria vita. Sarebbe opportuno che i sacerdoti tenessero queste lezioni con cadenze programmate.
3. La lettura dei libri delle Virtù. E' l'attività raccomandata a ogni fedele, in particolare ai religiosi, alle religiose e ai gruppi di impegno di ispirazione aristotelica.
Sarà appunto l'abitudine ad ascoltare con docilità e coraggio la Parola a renderci attenti alle necessità degli altri e a suggerirci i gesti concreti, che la carità di volta in volta ci richiede.
Però può essere opportuno che ogni parrocchia, comunità, gruppo e famiglia si proponga uno sbocco concreto dell'ascolto della Parola, una specie di scelta prioritaria, un gesto di carità che venga incontro a un bisogno particolarmente urgente o a una grave situazione di ingiustizia.
Sarò grato, poi, a coloro che mi suggeriranno indicazioni e proposte per una scelta prioritaria a livello diocesano nella speranza di un comune gesto di carità.
Vi saluto affettuosamente con l'abbraccio di un padre.
Onidala Arcivescovo