Erano settimane che Taunus girava per le strade alla ricerca della nuova Accademia, quando finalmente, sporco, inzaccherato, puzzolente, affamato e stanchissimo vide in lontananza il palazzo. Prima di avvicinarsi al sontuoso maniero si sedette per terra, appoggiò tutte le sue scartoffie, prese dalla saccoccia la veste di Magister e se la mise su un braccio, dopo aver cercato qualche briciola di pane per poter placare i morsi che sentiva allo stomaco.
Dopo un pò si rialzò in piedi e si avvio con passo tranquillo verso l'entrata di quella cstruzione che un moro, con il quale aveva condiviso dello strano tabacco, gli aveva indicato.
Il sole stava calando verso occidente quando arrivò all'entrata. Con gli occhi assonnati dalla stanchezza fece per avvicinarsi alla porta quando un fremito convulso lo prese. I LEONI!
Così grandi, così belli e così terribili nell'aspetto.
Alla loro vista le gambe di Taunus si fecero molli, il sorriso spensierato ed affamato scomparve per lasciare il posto ad un ghigno di paura. I pensieri che gli attraversavano la mente erano di puro terrore mentre l'adrelina fluiva nel suo sangue facendogli battere il petto all'impazzata.
Lentamente, con aria guardinga, fece alcuni passi indietro e quando la distanza tra se e i leoni era, a suo avviso, adeguata, si voltò lasciando cadere a terra tutte le sue scartoffie e la veste di Magister e gridando con voce stridula:
"Col pito ca i me veze ancora chive! Chel cancaro magne Aristotile e i so lioni! A no mitarò piè chialondenà gnianca sa i me paghesse pì del Doje!"
scomparve a gambe levate lungo la strada ormai buia
Dopo un pò si rialzò in piedi e si avvio con passo tranquillo verso l'entrata di quella cstruzione che un moro, con il quale aveva condiviso dello strano tabacco, gli aveva indicato.
Il sole stava calando verso occidente quando arrivò all'entrata. Con gli occhi assonnati dalla stanchezza fece per avvicinarsi alla porta quando un fremito convulso lo prese. I LEONI!
Così grandi, così belli e così terribili nell'aspetto.
Alla loro vista le gambe di Taunus si fecero molli, il sorriso spensierato ed affamato scomparve per lasciare il posto ad un ghigno di paura. I pensieri che gli attraversavano la mente erano di puro terrore mentre l'adrelina fluiva nel suo sangue facendogli battere il petto all'impazzata.
Lentamente, con aria guardinga, fece alcuni passi indietro e quando la distanza tra se e i leoni era, a suo avviso, adeguata, si voltò lasciando cadere a terra tutte le sue scartoffie e la veste di Magister e gridando con voce stridula:
"Col pito ca i me veze ancora chive! Chel cancaro magne Aristotile e i so lioni! A no mitarò piè chialondenà gnianca sa i me paghesse pì del Doje!"
scomparve a gambe levate lungo la strada ormai buia